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Foto di gruppo, 2004
Polimaterico, altezza massima cm 300
Collezione dell’artista
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Ulisse legato, 2006
Terracotta colorata e corda, h cm 45
Collezione dell’artista
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L’auriga ferito, 2012
Terracotta colorata, h cm 90
Collezione dell’artista
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Ciechi, 2014
Terracotta e ferro, h cm 55
Collezione dell’artista
(foto di Andrea Forlani)
di Michele Govoni
E’ come entrare in un antro magico foriero di pensieri e sogni, l’addentrarsi nelle sale del Padiglione d’Arte Contemporanea di Ferrara che ospitano, fino al 6 marzo prossimo, la mostra personale di Sergio Zanni dal titolo “Volumi narranti”.
Viaggio tra classicismo e filosofia, tra sogno e metafora che coinvolge il pensiero, i ricordi e la cultura insita in ognuno di noi, i “Volumi narranti” di Zanni fanno riferimento “ai volumi della scultura nello spazio” ci racconta l’artista nel corso di una passeggiata/chiacchierata tra le sue opere, aggiungendo una sua personale “necessità di distinzione dall’arte contemporanea e per questo stabilendo un discorso sia sul piano estetico che tradizionale”.
Una mostra che ospita, al piano terra del Pac, una ricca selezione delle opere in terracotta realizzate dall’artista per la gran parte nel corso dei primi dieci anni del 2000 e che fa sia riferimento all’arte classica che ad un senso metaforico della vita e dei suoi misteri.
Frammenti di mostre precedenti che tornano a parlare al pubblico (anche se forse non hanno mai smesso di farlo), pur facendolo con un timbro nuovo e con la necessaria urgenza che un mondo artistico in crisi richiede con sempre maggior forza.
In merito ai riferimenti all’arte classica Zanni ci spiega come le sue opere siano “non un ritorno alla Grecia tout court; sono figlio del mio tempo e voglio rappresentare il mondo di oggi e il mio essere al mondo con tutte le difficoltà del momento”. Una Grecia simbolica quindi, fatta di storie rielaborate che mescolano un’estetica classica ad elementi moderni, come ne “Il ritorno di Ulisse” nel quale la scultura rielabora l’iconografia dell’eroe rappresentata nei vasi a figure rosse e nere attualizzandone il contesto e dotandola di una moderna valigia da viaggio.
Il rapporto di Zanni con la classicità è anche simbolico, come elemento che va disgregandosi a contatto con il momento di cambiamento che stiamo vivendo. L’”Auriga di Delfi” che Zanni rappresenta in disgregazione, come fosse fatto di sabbia asciugata dal sole, sembra voler essere assurto a simbolo di una realtà in cui “la scienza sta ormai prevalendo su tutto perché ha creato una tecnologia che è strumento dell’economia, ma che è freddo, come insensibile” ci racconta l’artista nel corso di questo viaggio lento tra parole, idee e loro realizzazione sensibile.
Un percorso, quello presentato da Zanni, che arriva fino alla produzione dello scorso anno (questa volta si tratta di opere pittoriche pittoriche) caratterizzata da forti richiami simbolici, come nella serie dedicata all’”Albero della Conoscenza”. In questo gruppo di opere, infatti, il riferimento biblico è un pretesto in chiave scientifica per far luce sui limiti che la vita ci presenta ogni giorno, fin dal nostro primo giorno sulla terra, portando con sé sofferenze, malattie, morte. Una vita che, alla luce del racconto biblico, si presenta come domanda: la vita è “come un Peccato Originale da dover scontare?” si chiede l’artista.
La stessa strana vita che assegna i neonati a contesti diversi e che, secondo la visione fantastica di Zanni, viene “pilotata” da uomini inquietanti vestiti di cappotti e cappelli anni ’50 che divengono simbolo di un “tipo” umano da ripetere all’infinito e che ritorna anche in alcune opere pittoriche. Una massa di uomini con il cappello e la testa bassa che ricordano molto anche gli uomini d’oggi.
“Sono gli uomini del tempo in cui ero bambino – ci spiega Zanni – vestiti con molta eleganza ma che possono essere visti anche come gli uomini di oggi”. O quelli dotati di lunghe maschere antigas che assommano la lugubre idea della maschera del “medico della peste” e quella più direttamente moderna della guerra.
Le simbologie si moltiplicano in questa mostra che cattura lo sguardo e la fantasia divenendo rappresentazione metaforica della vita, come nell’opera dedicata alla “Parabola dei ciechi” ispirata all’omonima opera di Pieter Bruegel il Vecchio e di conseguenza alla parabola evangelica di Matteo (15:14) in cui il primo degli uomini ciechi che guida la fila, cadendo, si porta dietro tutti gli altri, in un equilibrio precario che può rappresentare i vari gradini della società di oggi guidata principalmente da un’economia fragile che porta dietro di sé, nella sua eventuale caduta, tutti i livelli della società.
Salite le scale del Pac e arrivati al primo piano, Zanni ci accompagna alla presenza delle grandi sculture in materiali diversi dalla terracotta. Si tratta di vetroresine e polistirolo che nascondono nella loro insita leggerezza tutto il pondus del loro significato. Ci accolgono gli ormai famosi Kamikaze di Zanni, ispirati ad un documentario visto dall’autore bambino e rimasto nel suo immaginario, i piloti d’aereo, i viandanti. Tutti simboleggiano il viaggio per antonomasia: quello attraverso la vita. Vi trovano posto anche il San Sebastiano, che nascondendo la testa nella giacca mostra spaventato un viso di bambino, il passaggio del tempo umano degli “uomini clessidra” che sembrano trascendere la vita in una trasmigrazione di idee tra un uomo e l’altro.
Zanni racconta una sua personale passione per l’Oriente e per la profonda curiosità che ha suscitato in lui la differenza di culture che distingue la nostra da quella orientale.
Al centro di questo pensiero spiccano due sculture. Una è particolarmente “forte”: su una grande testa orientale si apre una voragine sul cui bordo cammina un piccolo uomo in equilibrio instabile: l’occidente che sta per essere ingoiato dal grande abisso orientale.
Zanni lavora di simboli e fantasie, di metafore e storie. Le medesime narrazioni che l’artista raccoglie e rende in maniera idealizzata, come se collezionasse i pensieri ai bordi di una notte ricca di sogni per farne arte. Non rimane che lasciarsi catturare dall’antro magico che l’artista ferrarese ha ricreato in questo pregevole spazio cittadino e camminare tra presenze oniriche e ricordi, per scoprire quanto l’arte di Zanni sia un lungo, delicato e sconvolgente viaggio.
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