C’era una volta Andrea Marchi…
un sindaco che durante una bufera di neve si presentò con stivali e pala a -8 gradi per liberare insieme alla protezione civile le strade del suo paese.
C’era una volta Andrea Marchi…
che la vigilia di natale venne svegliato all’alba da un cittadino distratto. La figlia doveva partire per le vacanze all’estero e si era accorto della carta di identità scaduta. Lui corse in municipio ad aprire l’ufficio anagrafe.
C’era una volta Andrea Marchi…
che una notte non tornò a casa per monitorare di persona, vestito quasi come un palombaro di pianura, il rischio alluvione che incombeva sui canali.
C’era una volta Andrea Marchi…
che passava il ferragosto in mezzo alla torba che bruciava, preoccupato del fumo che ammorbava la sua Ostellato.
C’era una volta Andrea Marchi…
con in mano thermos pieni di the caldo per ristorare nell’inverno del 2012 gli automobilisti intrappolati da una tormenta di neve lungo la superstrada.
C’era una volta Andrea Marchi…
un politico che faceva sentire amici i suoi dipendenti, un uomo di sinistra che cercava nella massima discrezione un lavoro per l’avversario di estrema destra che lo attaccava pubblicamente.
C’era una volta Andrea Marchi…
la persona colta, preparata, onesta che parlava in dialetto con gli anziani del paese. Chiamava tutti per nome, perché conosceva i nomi di tutti. E si accorgeva anche se un vecchio cambiava la sua “zanetta” (il bastone da passeggio).
C’era una volta Andrea Marchi…
quello che nella sua omelia don Luciano ha definito “un dono”. ”Un dono per la sua famiglia e per la sua comunità dove ha espresso con intelligenza e responsabilità le sue doti umane a servizio dei cittadini per il bene comune. Un dono e una guida anche per i governanti”. Un “esempio di rettitudine, onestà, capacità e competenza” che doveva essere da guida per gli altri.
C’era una volta Andrea Marchi e da un anno non c’è più. Il cancro contro cui combatteva da cinque anni lo aveva consumato.
Di lui resta l’esempio di dignità e la speranza che quella guida, come auspicava il sacerdote, venga seguita da qualcuno.
Di lui restano le ultime parole pubbliche che consegnò in un intervento su questo giornale: “un tumore è davvero una cosa seria, un dramma collettivo al quale partecipare significa dolore, ansia, lacrime e paura allo stato ancestrale. Il tumore è dolore e sofferenza, è motivo di morte e lutto, significa famiglie lacerate da perdite e socialmente indebolite. Il tumore può essere perdita della dignità, perché arrivi a non essere più capace di provvedere a te stesso, di attendere ai normali fatti e bisogni della vita”.
Era l’ultimo pacato insegnamento, diretto a un suo collega che non sapeva dosare le parole, quelle parole che, “specie quelle relative alla vita ed alla prospettiva di vita, andrebbero dosate con il bilancino del farmacista, non con strumenti dal setaccio più largo”.
“Mai passare sopra la sacralità delle persone e il loro diritto ad essere qualcosa in più che un solo tumore”. Così concludeva Andrea Marchi quel suo ultimo discorso. Sapendo bene, lui sì, cosa diceva.
Ostellato ricorderà oggi, alle 18, nella chiesa dei Santi Pietro e Paolo dove si sono celebrati il suo battesimo, la sua comunione, la sua cresima, il suo matrimonio e il suo funerale, chi era Andrea Marchi, sindaco dal 2009 al 2019.
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