Politica
11 Dicembre 2021
Depositate le perizie: l'analisi dello Stub ha dato esito negativo, così come la ricerca di tracce genetiche delle vittime nell'auto, negli indumenti e in altri oggetti sequestrati

Duplice omicidio di Rero. Nessun residuo di sparo su corpo e vestiti degli indagati

di Daniele Oppo | 3 min

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Scelte processuali diverse, ma richieste sostanzialmente identiche per la Procura di Ferrara. Al termine della propria requisitoria nell'udienza preliminare del processo Fiera bis, venerdì (19 dicembre) mattina, il pm Ciro Alberto Savino - titolare del fascicolo di indagine - ha chiesto l'assoluzione per Aldo Modonesi e il proscioglimento per Tiziano Tagliani

L’assenza di prove, diceva Carl Sagan, non è la prova di assenza. Ma il processo penale, giustamente, richiede che le prove ci siano e siano coerenti con il quadro accusatorio per attribuire delle responsabilità a qualcuno.

Due sicuramente mancano nelle indagini per il duplice omicidio di Rero, quello in cui il 28 febbraio sono stati uccisi a fucilate e bruciati Dario e Riccardo Benazzi e per il quale sono indagati Filippo e Manuel Mazzoni, padre e figlio che vivono a poca distanza dalla scena del crimine.

Le perizie disposte dal gip Vartan Giacomelli dicono infatti che almeno due prove mancano all’appello, almeno nella loro forma più ‘sicura’, quella scientifica. Manca la prova che i due indagati abbiano sparato quel giorno, manca la prova che su indumenti, auto e fucili siano rimaste ‘impigliate’ tracce ematiche e genetiche delle due vittime.

Gli esami eseguiti sui reperti raccolti dai carabinieri dal genetista Pasquale Linarello (espertissimo biologo ex Ris) e quelli per la ricerca di eventuali tracce di residui da sparo eseguiti dal consulente chimico Oscar Ghizzoni hanno dato esito completamente negativo.

Entrambe le perizie verranno discusse il 15 dicembre nell’incidente probatorio che era stato chiesto dalla difesa degli indagati, assistititi dall’avvocato Stefano Marangoni.

Nella sostanza, l’analisi dello Stub non ha rilevato la presenza di particelle riconducibili all’uso di armi da fuoco in nessuno dei due indagati,né nel naso, né nelle orecchie, né nelle mani, né negli indumenti.

Uno dei fattori determinanti per aumentare la probabilità di rintracciarle è che i campioni vengano raccolti molto in prossimità dell’uso delle armi, in questo caso la raccolta è stata effettuata a distanza di circa 24 ore.

In aggiunta, neppure nei fucili sequestrati ed esaminati sono state trovate impronte papillari, quelle lasciate dai polpastrelli, e anzi sembra esservi il dubbio che le armi stesse fossero da tempo depositate da qualche parte.

L’analisi chimica però ha rilevato un dato interessante su un accendino, ovvero che pare essere stato esposto al calore di un incendio, anche se è l’unico elemento, che preso da solo sembra avere davvero poca forza, a costituire un nesso con l’incendio dell’auto nel quale sono stati adagiati i cadaveri dei cugini Benazzi.

Negativa anche la perizia genetica che non ha trovato nei reperti raccolti nella casa e nell’auto dei Mazzoni alcuna traccia compatibile con il Dna delle due vittime.

Cosa comportino questi esiti per l’indagine coordinata dalla pm Lisa Busato è presto per dirlo, forse il 15 se ne saprà di più.

Intanto l’avvocato Denis Lovison, che assiste la famiglia di Dario Benazzi, contattato per un commento spiega che “sull’esito degli accertamenti, essendo stato effettuato il prelievo a distanza di un giorno dai fatti, è abbastanza normale che non si rinvengano tracce: più passa il tempo più è facile che non ci siano residui. Se passano tante ore non è rinvenibile l’elemento chimico che deriva dalla combustione del colpo, ma non significa che non abbia sparato. Adesso bisogna vedere l’esito delle altre attività investigative”.

 

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