Attualità
6 Dicembre 2021
L'evento si è tenuto venerdì 3 dicembre alla Sala Estense. Assente il Capitano Ultimo. Vezzani: "Mi aspettavo venisse la politica ferrarese, ma non si è presentata"

Mafie in casa nostra? “Anche il territorio estense non è esente”

di Redazione | 4 min

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di Lucia Bianchini

Si è parlato della mafia nel nord Italia, in Emilia Romagna ma anche a Ferrara nell’incontro “Mafie a casa nostra?” che si è tenuto venerdì 3 dicembre alla sala Estense.

All’evento avrebbe dovuto prendere parte anche il colonnello Sergio De Caprio, meglio noto come Capitano Ultimo, già comandante del Crimor e protagonista dell’arresto del boss mafioso Totò Riina, che a causa di un contrattempo non ha potuto portare la sua testimonianza.

“Oggi la ‘Ndrangheta parla 8 lingue – ha spiegato Paolo Vezzani, tra gli organizzatori dell’evento -, ha il colletto bianco e sa di banca, sa come intraprendere attività legali e oggi è molto più avanti di ciò che
possiamo pensare. Per questo dobbiamo sempre stare attenti. Come attività antimafia stiamo cercando di cambiare la mentalità: non riusciamo a contrastare le mafie, ma possiamo lavorare sulla mentalità, ed è necessario partire dalle scuole, e non sento di molti docenti che parlino completamente anche di mafia”.

Una stoccata di Vezzani è andata alla politica ferrarese, di cui nessun rappresentante era in sala: “Ringrazio chi ha avuto la forza di essere qui stasera, parlare di antimafia in una città in cui fino a ieri si diceva che la mafia non fa parte del tessuto ferrarese è importante, perché le mafie sono in mezzo a noi. A Ferrara ci sono state luci ed ombre, più ombre che luci, e c’è sempre stato un silenzio. Se vi guardate intorno la politica ferrarese, che mi aspettavo venisse, non c’è, e penso che metterci la faccia in queste serate denoti un taglio professionale delle persone, e faccia capire molte cose”.

Come ha spiegato Sebastiano Ardita il tema della presenza della mafia al nord è di scottante attualità: “Oggi il fenomeno è in maniera preoccupante al nord, ma con tratti che non riconosciamo più, diversi dalla mafia degli anni ’80. Il fenomeno è appurato da molte forme di violenza, fatti di sangue, e la parte cospicua del fenomeno è legata a grossi interessi economici, di una realtà criminale bisognosa di allargare le zone, e un tessuto imprenditoriale che ha bisogno di finanziamenti freschi”.

“Non si tratta – ha proseguito Ardita – di una situazione che può essere liquidata come l’inganno di cittadini che non sanno da dove venga il benessere economico e si lasciano fregare, è una scelta molto chiara ed evidente, e non è difficile per chi si occupa di economia e finanza capire che del denaro abbia origine criminale, è una scelta senza scrupoli che viene fatta, e non ci sono alibi. È una mafia meno violenta, ci sono regolamenti di conti, ma sono marginali, il grosso della vicenda è una tranquillizzante normalità, che ci deve preoccupare maggiormente”.

“Quando si dice che qui la mafia non esiste – ha concluso il magistrato – occorre preoccuparsi, significa che il fenomeno è percepito e c’è interesse a tenerlo sommerso. Il rischio maggiore è quello che l’opinione pubblica non percepisca tutta intera la situazione che si sta verificando, prima la gente capiva il pericolo della mafia, ora si deve ricordare cosa accadde alle origini di cosa nostra, quando era collaterale ai poteri forti, a politica ed economia”.

Un lavoro molto importante sulla lotta alle mafie nel nord Italia è stato svolto da Elia Minari, fondatore, quando ancora andava al liceo, dell’associazione ‘Cortocircuito’, e che ora da giurista prosegue quanto iniziato: “Ci siamo trovati ad affrontare il tema ‘Ndrangheta in Emilia Romagna, tema inaspettato, e nel libro che ho scritto ho parlato anche di Ferrara, dove la criminalità organizzata è presente nelle sue diverse sfaccettature, ci sono stati infatti interessi della ‘Ndrangheta, della mafia di Agrigento, ma non solo, oltre a una serie di episodi di nuove mafie”.

“La mia esperienza – ha continuato Minari- nasce dal mettere in fila nomi cognomi, dati, numeri e fatti di quello che è successo, partendo da atti ufficiali delle imprese, visure camerali, e catastali, piani urbanistici e delibere comunali, interconnettendo le informazioni. Queste inchieste che abbiamo realizzato sono state poi usate dalla magistratura per processi sulla criminalità organizzata al nord Italia, anche nel maxiprocesso ‘Aemilia’, il più grande processo per associazione mafiosa del nord Italia. Il ruolo dei cittadini può essere attivo e di consapevolezza, e che contribuisca ad una conoscenza diffusa e a sostenere la voce
importantissima dei collaboratori di giustizia”.

L’associazione ‘Cortocircuito’ continua la sua attività soprattutto in ambito universitario e con percorsi formativi per amministratori pubblici, in collaborazione con l’Assemblea Legislativa della Regione Emilia Romagna.

È una testimonianza di normalità quella portata da Antonino Bartuccio, dottore commercialista e docente, ex sindaco di Rizzigoni, che dopo aver denunciato attività mafiose vive da sette anni sotto scorta insieme alla sua famiglia, dopo aver deciso di non lasciare il suo paese: “Denunciando ho fatto solo il mio dovere, non ho fatto nulla di straordinario, questo voglio sottolineare, perché non voglio, non mi piace parlare di coraggio, è un errore, perché non si deve esaltare il coraggio ma il senso del dovere e la normalità dell’onestà. Da sindaco non potevo consentire quello che stava succedendo. E deve finire l’abitudine di parlare di sindaci, giornalisti, giudici antimafia, tutti dobbiamo esserlo, non deve essere una cosa straordinaria”.

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