Economia e Lavoro
14 Novembre 2021
Le organizzazioni di categoria manifestano in piazza Guercino contestando il trattamento riservato ai lavoratori. L'istituto di credito replica: "Tutelati dipendenti e territorio"

Fusione Credem-Caricento, i sindacati: “Non resta che il tribunale”. La banca: “Nessun esubero o discriminazione”

di Redazione | 4 min

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Cento. “Non è questo il modo di fare banca e di essere socialmente responsabili”: l’appello di tutte le sigle sindacali contro Credem e la fusione con Caricento è chiaro. E sono scesi in piazza Guercino in mattinata (13 novembre) i rappresentanti di Fabi, First-Cisl, Fisac-Cgil e Unisin, circa 40 persone, per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica e per manifestare la propria solidarietà a tutte le lavoratrici, i lavoratori e ai clienti di Credem con bandiere sindacali, fischietti e striscioni.

Presenti i segretari nazionali Mauro Fanan (First-Cisl), Paola Morgese (Fisac Cigl), Mattia Pari (Fabi), Massimiliano Lanzini (Unisin). “Ciò che avevamo paventato in questi mesi sul fronte sindacale si sta avverando” dichiara Fanan. “Stipendi tagliati, contribuzione previdenziale decurtata, formazione e affiancamento insufficienti se non assenti, chiusura delle filiali, senza contare le condizioni di stress psicologico dei dipendenti”. Si parla di 400 lavoratori Caricento, ora arrivati a 320 dipendenti: e i numeri secondo i sindacati caleranno ancora.

Insomma, “se queste sono le premesse con cui Credem si affaccia al risiko bancario, troverà resistenze da parte di tutti” sono invece le parole di Mattia Pari. “Quello che è successo è vergognoso: non ci sono mai state veramente offerte, le condizioni negoziali per chiudere un accordo in linea con quello che avviene in situazioni analoghe nel resto del settore”. La fusione “è avvenuta tra due banche sane: non si parla di nessun salvataggio – interviene Paola Morgese – ma da parte di Credem abbiamo trovato un atteggiamento di chiusura totale: è calata sul territorio senza rappresentarlo né contestualizzare il proprio concetto di ‘fare banca’”.

L’assenza di un accordo sindacale e la gestione successiva alla fusione, insomma, possono avere soltanto un esito per le organizzazioni sindacali: “Da oggi qui, in piazza Guercino, iniziamo un percorso di protesta” sono le parole dei vertici sindacali, “ma la strada della tutela dei nostri lavoratori e delle nostre lavoratrici non potrà che proseguire anche nelle aule dei tribunali, con l’apertura di cause civili”.

Di tutt’altro avviso l’istituto di credito sotto accusa, che nella stessa mattinata, in merito alla manifestazione sindacale di contestazione al trattamento economico per il personale ex Caricento, precisa come “l’operazione di fusione sia avvenuta nel rispetto delle procedure di legge e, soprattutto, nell’assoluta tutela dei livelli occupazionali preesistenti, non avendo comportato esuberi di personale. E’ stato inoltre tutelato il territorio centese, mantenendo la sede di lavoro locale, senza trasferimenti di persone da Cento a Reggio Emilia, dove il Gruppo ha la propria direzione generale”. Credem fa inoltre presente che “ai nuovi colleghi, provenienti dalla Cassa di Risparmio di Cento, è stato esteso il trattamento economico valido per gli oltre 6.000 dipendenti Credem, comprensivo, tra gli altri, di un ampio piano di welfare aziendale integrativo, così come di un sistema incentivante storicamente molto più favorevole di quello della Cassa. L’operazione non ha comportato quindi alcuna discriminazione ma, anzi, si evidenzia come le stesse Organizzazioni Sindacali nazionali abbiano rifiutato tutte le proposte avanzate da Credem volte ad assicurare un progressivo allineamento, su più anni, al contratto integrativo del Gruppo. A conferma della volontà dell’Istituto di non creare differenziazioni fra le persone, e di un atteggiamento positivo del Gruppo, è stato anche recentemente condiviso con le Organizzazioni Sindacali di riconoscere al personale proveniente dalla Cassa di Cento l’intero premio Welfare Credem per il 2021, nonostante la fusione abbia avuto decorrenza da luglio”.

“Stupisce e si contesta, poi – aggiunge la nota della banca – il pretestuoso riferimento al “silenzio assordante” di Credem quando, anche attraverso incontri periodici, le stesse Organizzazioni Sindacali sono state informate dell’importante piano di formazione posto in essere dal Gruppo, sia prima della fusione come ancora adesso (235 corsi organizzati, per oltre 1.000 giorni di formazione), così come del personale Credem messo a disposizione, sia in loco che in “remoto”, per l’assistenza ai colleghi. Si ricorda infine che, stante un contesto italiano in cui la riduzione degli organici è componente principale di tutti i piani strategici dei maggiori Gruppi Bancari Italiani, il Gruppo Credem, oltre ad offrire una garanzia di solidità a livello dei migliori istituti creditizi di tutta Europa, così come testimoniato dall’esito dei recenti stress test della Bce, si è mosso sempre in direzione opposta, aumentando gli organici di quasi il 15% nel corso degli ultimi 10 anni, continuando ad investire in formazione ed assumendo nuove persone e professionalità. Analogamente, da sei anni, Credem è certificato come “Best place to work” da Top Employer e dal 2020 ha conseguito, primo gruppo bancario in Italia, la certificazione di “equal salary” per l’assenza di diversità di genere nel trattamento economico delle proprie persone”.

Preso atto della posizione di Credem, la Fabi, principale organizzazione sindacale, fa sapere di non aver firmato alcun accordo sul welfare né sui sistemi incentivanti.

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