Attualità
8 Novembre 2021
Il progetto coordinato dall'Università di Ferrara nelle cave di Buddusò per rendere più sostenibile l'attività estrattiva

Unife sbarca in Sardegna per rendere ‘green’ l’estrazione del granito

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di Redazione | 2 min

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cava granito sardegna buddosò unifeRendere l’estrazione del granito più sostenibile è una sfida importante per i nostri territori. Oltre a generare un imponente quantitativo di rifiuti, la sua produzione connota fortemente le aree attorno alle cave estrattive in termini paesaggistici, sociali ed economici.

È quanto succede alle cave di granito di Buddusò, paese in provincia di Sassari teatro del progetto di ricerca Life Regs II, finanziato dalla Comunità Europea e guidato dalla professoressa Carmela Vaccaro del Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e della Prevenzione dell’Università di Ferrara.

“L’obiettivo di Life Regs II (REcycling of Granite Scraps II) è realizzare una tecnologia innovativa con cui, a partire da sfridi di granito, cioè dagli scarti residui dell’attività estrattiva, si possano produrre minerali fondenti per l’industria ceramica”, spiega la Professoressa Vaccaro, e aggiunge “i risultati attesi sono importanti: la rimozione di 47.000 tonnellate di sfridi di granito e la rinaturalizzazione di 10 ettari di paesaggio, 200 tonnellate di CO2 non emesse”.

Il progetto si inserisce nei percorsi promossi dall’Unione Europea per il Green Deal per un approvvigionamento più sicuro e sostenibile di minerali industriali e materie prime critiche.

“Le competenze che portiamo in dote da Unife sono orientate a rendere vantaggioso e sostenibile per l’industria il recupero degli scarti di graniti. Ad esempio i feldspati alcalini, ingredienti degli impasti ceramici, il quarzo, utilizzato per i pannelli solari, e altri elementi utili contenuti nei minerali accessori che possono acquisire valore a fini estrattivi”, aggiungono Federico Spizzo ed Elena Marocchino del Dipartimento di Fisica e Scienze della Terra di Unife.

Ma c’è di più. Life Regs II prevede anche il recupero del suolo occupato dalle discariche, la riprogettazione del paesaggio e la rinaturalizzazione delle aree recuperate, per destinarle alla valorizzazione del parco archeologico situato in prossimità del polo estrattivo, caratterizzato da siti nuragici e prenuragici.

“Cruciale è la creazione di collaborazioni proficue e durature tra scienza, imprese e autorità pubbliche, che possano promuovere l’esportabilità del modello in altri siti italiani ed europei, con l’obiettivo ultimo di creare e valorizzare nuove opportunità per preservare le risorse per le future generazioni” sottolinea la professoressa Vaccaro.

 

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