Cronaca
15 Aprile 2021
Condanna a 8 anni di reclusione per Elvis Omonghomion, il pusher accusato di aver stuprato una ragazzina in via del Lavoro

Violentò 16enne che non poteva pagare la droga, stangata per “Bobby”

La foto del 26enne accusato di violenza sessuale
di Daniele Oppo | 2 min

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Elvis Omonghomion

Stangata in abbreviato per Elvis Omonghomion, il pusher noto nell’ambiente come “Bobby” accusato di aver violentato una ragazzina di 16 anni che non aveva i soldi per pagare la cocaina.

Il tutto avvenne in via del Lavoro, nel luglio del 2020.

Il 26enne, difeso dall’avvocato Jacopo Decaroli del Foro di Modena, è stato condannato dal gup Vartan Giacomelli a 8 anni di reclusione (12 meno la riduzione per il rito scelto) per i reati di violenza sessuale aggravata dalla minore età della vittima e spaccio di stupefacenti per tre/quattro cessioni di droga alla stessa ragazzina (anche questo reato aggravato dalla minore età dell’acquirente).

Il giudice ha anche disposto una provvisionale immediatamente esecutiva di 30mila euro che l’imputato dovrà pagare a beneficio della parte civile – la madre della vittima, assistita in giudizio dall’avvocato Alessandro Felisati – mentre il risarcimento dovrà essere liquidato in un separato giudizio civile.

All’uscita dal carcere – Omonghomion attualmente è ristretto a Modena –  dovrà essere sottoposto anche a una misura di prevenzione: per un anno non si potrà avvicinare a luoghi frequentati da minorenni e dovrà avere contatti con forze dell’ordine per far sapere dove si torva.

Il pm Stefano Longhi, che ha coordinato le indagini svolte dai carabinieri, aveva chiesto una condanna, già ridotta per il rito, a 10 anni di reclusione.

La difesa preannuncia che presenterà appello una volta lette le motivazioni della sentenza, che il giudice depositerà nel termine di 60 giorni: “I fatti nella loro materialità non sono contestati – afferma l’avvocato Decaroli -, contestiamo però la violenza. Per quanto la vicenda sia delicatissima e da valutare con tutta la sensibilità del caso, la si deve vedere non dalle testimonianze delle persone coinvolte, ma da quello che risulta da tutti gli elementi d’indagine, che indicano l’adesione della persona offesa nei confronti dell’imputato”.

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