Cronaca
26 Gennaio 2021
Sono 18 gli imputati nel processo nato dall'indagine della Polizia fatta con agenti sotto copertura, intercettazioni e arresti differiti per fermare lo spaccio in zona Grattacielo

Operazione “Wall Street”. Così sono stati presi i pusher della Gad

di Daniele Oppo | 3 min

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Agenti sotto copertura, telecamere e poi decine di migliaia d’intercettazioni, quasi tutte relative a dialoghi in dialetto nigeriano. In tutto 21 arresti differiti, a carico di 40 persone, per spaccio di eroina, cocaina, marijuana soprattutto nei giardini del Grattacielo, con 12 misure cautelari applicate e 16 divieti di dimora concessi dal gip. Tra loro, lo si ricorderà, c’erano anche alcuni membri della banda del machete, collegata al gruppo mafioso denominato Viking.

Un riassunto più o meno lineare di un’indagine complessa e astuta, la famosa operazione “Wall Street” che tra 2017 e 2018 ha permesso di monitorare le traiettorie dello spaccio in Gad e fermare alcuni venditori al dettaglio e grossisti di livello intermedio.

A condurla, sotto il coordinamento del pm Andrea Maggioni, sono stati i poliziotti della sezione Antidroga di Ferrara, con l’aiuto dello Sco (Servizio centrale operativo) e della Dcsa (Direzione centrale per i servizi antidroga) che hanno dato un contributo fondamentale con gli agenti sotto copertura. A spiegarla in un primo quadro generale al giudice Giulia Caucci e agli avvocati di 18 imputati (molti attualmente detenuti) è stato Luca Sita, sostituto commissario della Squadra mobile cittadina e coordinatore dell’Antidroga, sentito come teste nell’avvio dell’istruttoria del processo principale scaturito dall’intera operazione (un troncone si è già chiuso con vari patteggiamenti, altri filoni hanno preso strade indipendenti).

Formalmente tutto ha preso il via il 6 marzo del 2017, dopo che la Polizia si è resa conto che “le classiche tecniche d’indagine non portavano i risultati sperati, perché i soggetti cambiavano molto spesso e si faceva fatica a capire dove tenessero lo stupefacente o dove dormissero”.

L’idea è stata allora quella di procedere infiltrandosi superficialmente nel mondo dello spaccio, usando otto agenti sotto copertura come acquirenti, non prima però di aver monitorato la situazione e i pusher con cinque telecamere, installate prima in corso Porta Po e viale Costituzione e poi in piazzetta Toti, di fronte alla stazione con vista bar Fiorella e davanti all’ufficio postale di via Felisatti.

Le telecamere sono rimaste attive da aprile-maggio fino al 19 giugno del 2018. In questo periodo, a partire dal 23 aprile, sono stati attivati gli agenti sotto copertura per effettuare degli acquisti di droga dai pusher, tutti ripresi dalle telecamere. E poi, mentre i poliziotti/acquirenti finivano il lavoro in questura analizzando lo stupefacente e compilando le carte per gli arresti differiti (dunque da concretizzare in momenti successivi), altri poliziotti indicavano ai militari dell’Esercito quali persone fermare per un normale controllo: “Non vedevano l’Esercito come un pericolo rispetto alla Polizia, si facevano identificare molto facilmente”, ha rivelato Sita.

Identificazioni che poi servivano per incrociare immagini, testimonianze, cessioni di droga e nomi. Con le stesse telecamere sono state osservate anche altre compravendite di droga effettuate con normali cittadini, o individuati i nascondigli in Gad.

Chiusa la parentesi telecamere, il ‘Grande Fratello’ investigativo è proseguito su altri canali: quelli delle frequenze dei telefoni cellulari: 36 utenze sottoposte a intercettazione, circa 90mila conversazioni captate tra il 25 giugno 2018 e il 22 novembre 2018, quando gli elementi in mano agli investigatori erano ormai più che sufficienti per preparare un’enorme informativa, chiedere le misure al giudice e far scattare il grande blitz a ottobre del 2019, con i poliziotti che si recarono anche nell’appartamento di via Ricostruzione di proprietà dell’ex consigliere comunale di Gol Francesco Rendine, al tempo oggetto di largo dibattito politico, dove trovarono uno degli imputati odierni, considerato un fornitore intermedio e oggi ai domiciliari.

In udienza sono stati sentiti anche due acquirenti, fermati e identificati al tempo, che hanno confermato di aver comprato della droga in zona stazione.

Il giudice ha concesso al perito del tribunale i 60 giorni richiesti per trascrivere le intercettazioni e fissato per il 3 maggio l’udienza per la sua escussione, anche se non è improbabile che, vista la difficoltà tecnica di comprendere e tradurre il linguaggio in dialetto, sia necessario molto più tempo. Il 1° marzo verranno sentiti invece gli agenti sotto copertura e altri acquirenti.

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