Economia e Lavoro
26 Gennaio 2021
E’ quanto afferma il direttore di Confagricoltura Ferrara Paolo Cavalcoli

Gdo e rete del lavoro di qualità, binomio perfetto per un incremento delle importazioni

di Redazione | 4 min

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Ferrara si dota del "Sistema Agricoltura Ferrara". Bandi e assicurazioni, utilizzo di fitofarmaci, lavoro agricolo e contrasto al caporalato. Questi sono solo alcuni dei temi presenti nel documento strategico sull'agricoltura, redatto per la prima volta dal Comune di Ferrara in sinergia con tutte le associazioni di categoria e le grandi aziende agricole del territorio

Paolo Cavalcoli

“Esattamente un anno fa, nel corso del convegno di apertura di Marca, l’evento che celebra le private label a marchio Gdo, tenutosi a BolognaFiere, l’Associazione della distribuzione moderna annunciò solennemente, innanzi all’ormai ex Ministro dell’Agricoltura Bellanova, che la Gdo a partire dal 2021 avrebbe lavorato esclusivamente con fornitori agricoli iscritti alla Rete del Lavoro di Qualità, al fine di stimolare la filiera ad attuare comportamenti etici e responsabili, a garanzia di legalità e rispetto dei contratti, con esplicito riferimento al fenomeno del caporalato. La mia prima considerazione a questo annuncio fu che i rappresentanti della distribuzione moderna non avessero ben chiaro cosa in realtà fosse la Rete del lavoro di Qualità”.

E’ quanto afferma il direttore di Confagricoltura Ferrara Paolo Cavalcoli, che prosegue. “Già qualche anno fa Confagricoltura ebbe modo di esprimere forte preoccupazione per il valore che alcuni operatori commerciali stavano attribuendo all’iscrizione alla Rete del Lavoro Agricolo di Qualità, considerandola come condizione indispensabile per la fornitura dei prodotti agricoli, poiché in tal modo si snatura uno strumento che, secondo la legge istitutiva, avrebbe dovuto promuovere la regolarità sul lavoro e favorire la selezione delle aziende agricole da controllare da parte degli organi di vigilanza, al fine di concentrare l’azione ispettiva sulle imprese non iscritte. Consentire uno sbocco di mercato solo alle imprese agricole iscritte alla Rete significa alterare in modo surrettizio la libera concorrenza e limitare l’attività di impresa. Tanto più se si considera che la mancata iscrizione alla Rete non è sinonimo di occupazione irregolare, giacché l’iscrizione viene negata anche in presenza di violazioni amministrative lievi e meramente formali che, in alcuni casi, nulla hanno a che vedere con la regolarità del lavoro. Premessa la mia personale perplessità circa il fatto che l’iscrizione ad una rete possa rappresentare una soluzione per sconfiggere la piaga del caporalato, mi chiedo piuttosto se non sarebbe stato più corretto, nei confronti di tutti, che la Gdo creasse un proprio cartello etico, definendo gli impegni di cui farsi carico”.

“Ciò che intendo dire – prosegue Cavalcoli – è che se da un lato può essere comprensibile e condivisibile che la Gdo faccia leva sull’etica e sul consumo di prodotti ottenuti da un’agricoltura sostenibile, dall’altro occorre che venga meno quell’ambiguità basata sulla concorrenza, proposta sugli stessi scaffali dei supermercati, di prodotti esteri svincolati da quegli stessi obblighi cui sono sottoposti i produttori italiani, che oltre al rispetto di normative fitosanitarie estremamente rigorose, sono chiamati, tra l’altro, a subire gli effetti di richieste di sconti e aste al ribasso. Perciò se davvero la Gdo intende proporre ai propri consumatori solo prodotti che sono stati raccolti nel più rigido rispetto di ogni norma esistente in materia di lavoro, sicurezza, previdenza, fisco, ecc., allora andrebbe eliminato dagli scaffali ogni prodotto che non rispetti quei canoni, anche quando proviene dall’estero. Già oggi le aziende sono chiamate a seguire disciplinari rigorosissimi e a disporre di certificazioni quali GlobalGap, Grasp ecc., che forniscono garanzie sul rispetto della salute e dei diritti dei lavoratori, sulla normativa in materia di lavoro, sulla salubrità del prodotto, certificazioni che la Gdo pretende di ricevere dalle aziende per mettere in vendita i loro prodotti; c’era davvero bisogno di questa Rete del Lavoro di Qualità la cui adesione, voglio ricordare, non è obbligatoria ed alla quale oggi è iscritto meno dell’1% delle aziende agricole? Qualche giorno fa – conclude il direttore di Confagricoltura Ferrara – il presidente dell’Associazione Distribuzione Moderna ha sottolineato, con una punta di amarezza, che il termine per iscriversi alla Rete del lavoro agricolo di qualità al fine di poter lavorare con la Gdo, è slittato di sei mesi. Credo che invece dovrebbe compiacersene, se non vuole correre il rischio di non riuscire ad approvvigionare di prodotti italiani (riconosciuti come i più sicuri al mondo) i propri supermercati, dovendo incrementare le importazioni dall’estero, dato che alle aziende straniere l’iscrizione alla Rete non è richiesta. Di questo dovrebbero preoccuparsi anche i sindacati dei lavoratori, perché se le aziende non dovessero più trovare sbocchi per i loro prodotti, queste finirebbero per chiudere, ed i relativi lavoratori per trovarsi dall’oggi al domani senza un lavoro. Tutto ciò premesso, mi chiedo come ci possa essere qualcuno che davvero creda che alla produzione agricola italiana serva questo ulteriore elemento di distinzione”.

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