
Hugo Aisemberg
“Mi sento tradito”. Tradito dall’arrivo di Ovadia a Ferrara o, più precisamente, dal fatto che il grande attore e regista teatrale abbia accettato un incarico da parte di una giunta leghista.
A parlare è Hugo Aisemberg, un altro artista che non ha bisogno di presentazioni. Musicista, compositore e arrangiatore argentino, è nato a Buenos Aires da una famiglia ebrea di Odessa emigrata in Argentina per fuggire alle persecuzioni zariste.
Aisemberg è noto in tutto il mondo come ambasciatore della musica di Piazzolla, cui ha dedicato ben 50 anni di carriera, portando il tango nell’ambito classico e ricevendo in dono, da Piazzolla stesso, molti arrangiamenti originali.
Nel 1971 Aisemberg sceglie definitivamente l’Italia. Nel nostro paese, oltre ad intraprendere una importante attività concertistica sia come solista che come componente di formazioni da camera, insegna per trent’anni al Conservatorio Rossini di Pesaro. Poi nel 2009 fa l’arrivo a Ferrara. La decisione di vivere nella città estense è stata accompagnata da un grande impegno artistico e culturale attraverso l’intensa attività di diffusione della cultura argentina.
E ora Aisemberg si trova tradito e abbandonato. Perchè?
Perché non mi capacito del fatto che Ovadia possa aver compiuto una scelta del genere. Era una figura che ho sempre ammirato e seguito per le sue posizioni in difesa dei diritti dell’uomo, contro il razzismo, contro la xenofobia, un uomo di grande idee e grandissima cultura. Lo ammiravo e lo seguivo.
E non lo ammira più?
Vede, quando arrivai a Ferrara venni subito accolto dalle autorità locali a braccia aperte e venni contattato dal Teatro comunale con il quale è nato in breve un rapporto di grande collaborazione attraverso figure come Marino Pedroni e soprattutto Dario Favretti, responsabile del ciclo di attività culturali all’interno del Ridotto. È stata una collaborazione bellissima e intensa. Ho potuto presentare grandi pezzi della cultura musicale e letteraria argentina, come un omaggio a Borges. Negli anni ho collaborato con diverse istituzioni culturali della città. Ma con la nuova giunta ho sentito subito che qualche cosa sarebbe cambiato, nonostante qualche tentativo di avvicinamento da parte dell’assessore Gulinelli. E ultimamente i fatti sono precipitati clamorosamente a Ferrara. C’è una figura che sta invadendo un po’ tutte le opportunità culturali in un modo personalista e personalissimo. E questo lo stiamo vedendo con l’arrivo di Ovadia che per me è stato uno shock tremendo. Io non credo che un artista, uno poi che ha sempre avuto una posizione politica, che è stato militante, quasi un barricadero, con la bandiera in mano, possa rinnegare la sua storia.
Ovadia si difende dicendo che il teatro è di tutti.
Non condivido questa posizione. Sentendo le sue dichiarazioni sembrerebbe che chi pensa a lui è bravo. Ma tu non puoi andare a collaborare con chiunque ti chiami. Anni fa raccontava di un mancato incarico direttivo a Catania. La giunta di allora gli preferì una figura vicina al Pd e lui se ne lamentò. Se devo guardarmi indietro, ci sono tantissime istituzioni che non mi hanno mai chiamato. Mica penso che siano cattivi o scarsi solo per quello.
Non voglio sembrare irriverente, ma anche lei ha detto poco fa che con la giunta precedente si è trovato a meraviglia e con questa un po’ meno.
Sarò più diretto. Io se sono antirazzista non posso sedermi a tavola con uno che non dà le case agli immigrati. È una contraddizione. Come posso elogiare una giunta solo perché mi ha chiamato? Come posso sedermi allo stesso tavolo con uno di fianco che ha appena firmato un decreto per non dare gli asili ai figli dei migranti o che indossa una maglia con la scritta ‘più rum e meno rom’? Ovadia è stato sempre un combattente, come fa a venire a collaborare con una giunta che si ispira a Salvini, quello che ha tenuto per giorni e giorni persone in mare senza permettergli di sbarcare? è impossibile.
Ovadia si difende dicendo che l’arte non è di sinistra o di destra.
Va anche oltre: l’ho sentito dire che non è di destra, né di sinistra, né di estrema sinistra! L’arte non è una cosa astratta, è fatta da uomini. Una sonata di Beethoven non smette di esistere se io non la suono.
Insomma, secondo lei Ovadia non doveva venire a Ferrara.
Viviamo in nazione con 7mila comuni. C’era tanta scelta.
Lei ha fatto questo ragionamento quando è venuto a Ferrara?
Nessuno mi ha mai chiesto la mia posizione politica da quando sto in Italia. Se fossi rimasto in Argentina la mia storia sarebbe stata diversa. Alcuni anni fa in un archivio dell’esercito è stato rinvenuto un elenco di gente da perseguitare. C’era il mio nome.
Ma questa giunta ha consegnato la cittadinanza onoraria a Liliana Segre.
Temo siano operazioni di facciata.
Tornando a Ovadia, non crede sia possibile che abbia pensato di poter migliorare Ferrara grazie alla sua arte e alla sua cultura?
Ferrara è una città di enorme attività culturale. Non è che Ovadia sia il Messia che stavamo aspettando. Abbiamo sempre avuto, almeno da quando vivo qui, grandissimi spettacoli di balletto con le figure più importanti del mondo, una stagione concertistica che è stata sempre un modello, una stagione di prosa strapiena di gente con i maggiori autori contemporanei. Quando c’era Abbado si sono fatti spettacoli impressionanti (ricordo un “Così fan tutte” da brividi). C’è il Conservatorio, il Jazz club migliore d’Italia, una biblioteca importantissima… Quando lui si è presentato ha detto che farà conoscere Ferrara al mondo. Mi sembra un po’ presuntuosa come dichiarazione.
Ora si discute molto del compenso chiesto dal Maestro.
Mi chiedo se si può a 75 anni cambiare così drasticamente da essere un difensore del proletariato a chiedere quei soldi? Non voglio entrare in analisi politiche o sociali. Io so soltanto che ho seguito questa persona con ammirazione, affascinato dalla sua integrità, dall’artista che prende posizione a favore dell’umanità. Quello che ha fatto lo sento come un tradimento. Come se mi avesse abbandonato. È stata tutta una finzione? Come se avesse venduto la sua storia. Non capisco più chi è Moni Ovadia.
Una delle frasi più criticate, da una parte sola, dette dal futuro direttore del Teatro Comunale è che la destra soccombe in fatto di cultura nei confronti della sinistra. La destra in effetti non ha avuto un Gramsci alle spalle che ha portato avanti un discorso egemonico. È una visione manichea?
In effetti la grande intellettualità è stata sempre di sinistra in questo paese. Non vuol dire parlare di bandiere rosse o tessere di partito. Parliamo di militanti della civiltà, di persone che sanno quando prendere posizione, come Pollini a Milano quando gli americani bombardavano il Vietnam. Anche Abbado era un grande militante della civiltà. Quando succedono cose gravi nel mondo gli intellettuali devono reagire.
Pasolini diceva che quando il politico tace tocca al poeta parlare.
Sì, assolutamente. Speriamo ci siano ancora voci in grado di farlo. Intanto credo che abbiamo perso una grande occasione costringendo Resca, una persona – mi pare – seria e di grandi risorse, alle dimissioni. Nel frattempo aspettiamo il prossimo disastro.