Cronaca
22 Ottobre 2020
Gli imputati non si sono mai presentati in aula. E gli avvocati non sono mai riusciti a sentirli

Ricettazione e riciclaggio di auto, triplice condanna

di Redazione | 2 min

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Era la vigilia di Natale dello scorso anno. Per le feste si ritrovano assieme, con le rispettive famiglie, due fratelli tra i quali, per questioni legate all'eredità paterna, negli ultimi tempi non corre buon sangue. Il più giovane dei due, classe 1976, abita nella casa di Pieve di Cento ereditata come proprietà indivisa

Tre condanne per ricettazione e riciclaggio di auto rubate. Auto ‘fantasma’ come fantasma sono stati gli stessi imputati, tanto da costringere i rispettivi avvocati d’ufficio ad affrontare un intero processo senza mai vedere né riuscire a parlare con i propri assistiti.

Il giudice collegiale (Piera Tassoni, con a latere Sandra Lepore e Leonarda D’Alonzo) ha condannato tutti e tre gli imputati di un processo che li vedeva rispondere a vario titolo di ricettazione di auto rubate, riciclaggio e falso in atto pubblico.

Alla sbarra, metaforicamente parlando vista la loro completa contumacia, c’erano Domenico Origlia, crotonese di 44 anni, difeso dall’avvocato Valentina Rocca; Dino Allegri, 48enne di Reggio Emilia, difeso dall’avvocato Alessandro Veronesi e Massimo Vanti, 55 anni di Legnago, difeso dall’avvocato Sauro Frignani.

Secondo l’accusa i tre si assicuravano delle auto rubate di grossa cilindrata – Bmw e Mercedes – alle quali cambiavano la targa e poi la matricola, preoccupandosi di cambiare anche la carta di circolazione. Poi se le intestavano e le rivendevano.

Dopo aver sentito gli ultimi testimoni (tra i quali un quarto uomo finito a suo tempo nell’inchiesta ed uscito dal processo con il patteggiamento) ieri pomeriggio – mercoledì 21 ottobre -, al termine della camera di consiglio, il tribunale ha condannato Origlia a 4 anni e 9 mesi, Allegri a 3 anni e 2 mesi e Vanti a 2 anni e 2 mesi.

Le difese, in sede di arringa, avevano chiesto l’assoluzione sulla base del fatto che non si sarebbe raggiunta una prova piena delle responsabilità. In subordine è stato chiesto di tener conto delle attenuanti generiche e decidere il minimo della pena.

Ancora prima di attendere i 90 giorni per il deposito delle motivazioni l’avvocato Valentina Rocca è certa di fare appello. “Ritengo che in fatto e in diritto – spiega – non ci sia né il riciclaggio né l’induzione in errore di pubblico ufficiale”. In particolare il riciclaggio verrebbe meno “perché in realtà non è stato provato che le auto fossero oggetto di furto. E questo perché non ci fu un furto a monte”.

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