Non vi sono dubbi che la crisi. che stanno attraversando le biblioteche comunali ferraresi e in particolare le cosiddette “decentrate”, per scarsità di personale e di spazi sufficienti per affrontare la difficile stagione del contagio e del rispetto delle norme messe in atto a contrastarne la diffusione, è grave e tocca da vicino molte delle conquiste che la nostra società ha costruito e consolidato nel tempo.
Vorremmo premettere che non possiamo confinare la questione solo al problema di un malfunzionamento gestionale di alcune “piccole” biblioteche, ma del rischio reale della compromissione di un sistema bibliotecario che, a Ferrara, è stato articolato e progettato a partire dagli anni ’70 come fosse un corpo vivente con una testa e degli arti ad essa connessi. Una sorta di corpo animato che respira perché ha al centro la Biblioteca comunale Ariostea, memoria della città, luogo deputato alla conservazione delle testimonianze del passato, destinato ad essere modernizzato attraverso le ricerche degli studiosi e la valorizzazione documentaria di chi opera e lavora nelle biblioteche.
Gli arti del corpo sono le biblioteche periferiche che, connesse al centro attraverso l’informatizzazione e le moderne tecnologie comunicative, costituiscono l’insieme del Polo bibliotecario il cui scopo è di erogare servizi culturali e sociali al pubblico, differenziati a seconda delle necessità del territorio. Un modello poliforme, con finalità altamente educative, nato da un obiettivo strategico per contrastare l’analfabetismo funzionale e digitale e la marginalizzazione sociale, per lo sviluppo delle competenze, in parte già fornite dalle scuole, ma da rinnovare costantemente lungo il corso della vita delle persone giovani e adulte.
Danneggiare una parte del sistema è dunque ferire indelebilmente tutto il sistema perché, come sosteneva Diderot, affinché un essere viva, respiri e si alimenti, è necessario un accordo fra gli organi adibiti a tali funzioni e le condizioni esterne.
Lo stato delle biblioteche al momento è il seguente: “Luppi”, “Rodari” e “Tebaldi” sono aperte a singhiozzo, il progetto di una nuova biblioteca presso “Le corti di Medoro” è stato cassato (a vantaggio della costruzione di una caserma), l’annuncio di una nuova sede presso l’Ippodromo è ancora vago e fumoso. In più assistiamo al tentativo di controllare e censurare gli acquisti librari che richiedono competenze e professionalità proprie di chi fa il mestiere di bibliotecario.
Il Polo bibliotecario ferrarese è un bene di tutti, in quanto alimenta le sorgenti della vita, intesa come buona convivenza civile, attivazione della conoscenza e del dialogo, attraverso la circolazione dei libri, da sempre testimoni di mondi vicini e lontani e idee diverse fra loro. Ogni censura o danneggiamento mina un importante presidio necessario alla salute dei cittadini e crea un danno sistemico al benessere della società.
Investire nella cultura non è mai stato vano. Chiudere le biblioteche invece è inviare all’opinione pubblica un messaggio oscuro che non promette niente di buono, ed è un segno di miopia politica.
Paola Zanardi
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