Attualità
2 Ottobre 2020
Intervento di Andrea Marchi sulle parole usate dal sindaco di Ferrara sui permessi di soggiorno rigettati

“Caro Fabbri, le persone hanno diritto ad essere qualcosa in più di un tumore”

di Redazione | 2 min

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Ci risiamo. Torniamo alla leggerezza delle parole, alla vacuità dei significati.

Tutto sarà più facile, digeribile anche, perfino corroborante nel rendere il pensiero espresso più forte, più radicale, più potente.

E così accade che il fatto per cui 134 permessi da inizio anno rigettati e 12 revoche di permessi di soggiorno siano paragonati ad un tumore, solo un tumore, da sradicare.

Ha ragione il primo cittadino di Ferrara, le regole vanno rispettate, da tutti e sempre; sarebbe un discorso lungo ma nel caso di specie la ragione ci sta, la legge è legge e se ricorrono i presupposti quanto accaduto, rigetti e revoche, sono giusti.

Meno giusto e decisamente meno ammirabile il far equivalere quei fatti ad un tumore da sradicare.

Non è giusto perché ricorda solo a Ferrara migliaia di cittadini che il tumore vorrebbero davvero fosse loro eradicato, ma è immondo perché un tumore di quel genere è davvero una cosa seria, un dramma collettivo al quale partecipare significa dolore, ansia, lacrime e paura allo stato ancestrale.

Il tumore è dolore e sofferenza, è motivo di morte e lutto, significa famiglie lacerate da perdite e socialmente indebolite.

Il tumore può essere perdita della dignità, perché arrivi a non essere più capace di provvedere a te stesso, di attendere ai normali fatti e bisogni della vita.

Per questi motivi occorre discrezione signor Sindaco, attenzione nell’uso delle parole poiché alcune, specie quelle relative alla vita ed alla prospettiva di vita, andrebbero dosate con il bilancino del farmacista, non con strumenti dal setaccio più largo.

Ben vengano le azioni civili che restituiscono legalità e rispetto delle regole in un territorio, no ad espressioni volgari e grette, che lasciano letteralmente l’amaro in bocca e la sofferenza per cui una persona, qualsiasi essa sia, sia “solo un tumore”.

Chi si esprime così si qualifica immediatamente non come uno sprovveduto di passaggio, piuttosto come colui che pur di enfatizzare risultati è disponibile a sacrificare sulla sacralità delle persone e del loro diritto ad essere qualcosa in più che un solo tumore.

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