Attualità
5 Settembre 2020
Il dente è stato ritrovato nel Riparo del Broion, sui Colli Berici, in una campagna di scavi realizzata in collaborazione con Unibo

Unife scopre il canino di uno degli ultimi bambini neandertaliani del nord Italia

di Redazione | 4 min

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È una scoperta che testimonia la presenza di comunità neandertaliane nel nord Italia circa 48mila anni fa, mentre in Bulgaria, a un migliaio di chilometri, c’erano già i nostri progenitori sapiens che di lì a (relativamente) poco si sarebbero diffusi ovunque. Appartiene a un bambino di Neanderthal di circa 11-12 anni vissuto nel Riparo del Broion, sui Colli Berici (Longare, Vicenza), il canino, che è stato ritrovato grazie a una campagna di scavi condotta nel 2018 dall’Università di Ferrara e dall’Università di Bologna.

Il dentino, che appartiene forse a uno degli ultimi bambini neandertaliano del nord Italia, è stato materialmente rinvenuto da Davide Del Piano, assegnista di ricerca del Dipartimento di Studi Umanistici di Unife e, in tempi rapidi, è stato oggetto di uno studio realizzato da ricercatrici e ricercatori del Dipartimento di Beni Culturali dell’Università di Bologna e del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Ferrara.

I risultati pubblicati sul Journal of Human Evolution, in un articolo firmato a primo nome da Matteo Romandini, precedentemente assegnista di ricerca di Unife e attualmente in forza a Unibo, sono emersi dalle analisi effettuate anche grazie alla collaborazione con i Dipartimenti di Evoluzione Umana e di Genetica del Max Planck Institute in Germania, con l’Oxford Radiocarbon Accelerator Unit dell’Università britannica, con il Dante Laboratory dell’Università la Sapienza e il Bioarchaeology Service del Museo delle Civiltà di Roma.

Lo studio nasce all’interno del progetto europeo Erc-Success focalizzato sull’arrivo di noi Homo sapiens in Italia e sul nostro primo incontro con i Neanderthal nella Penisola, guidato da Stefano Benazzi dell’Università di Bologna, progetto a cui collabora dal 2017 anche il Dipartimento di Studi Umanistici di Unife.

“Il lavoro è frutto della sinergia di diverse discipline e specializzazioni – afferma Matteo Romandini, primo autore dell’articolo – quali l’archeologia preistorica di campo ad alta definizione tecnologica, che ha permesso il ritrovamento del dente, e gli approcci virtuali all’analisi morfologica, la genetica, la tafonomia e le analisi radiometriche, grazie alle quali è stato possibile attribuire questo resto a un Neanderthal così recente”.

Lo studio dei reperti recuperati nel contesto del dentino è attualmente in corso, ma i dati mostrano già un uso continuativo del sito e segni di caccia e macellazione di grandi prede. “La produzione di strumenti, soprattutto in selce – prosegue Marco Peresani dell’Università di Ferrara – mostra una grande capacità di adattamento e lo sfruttamento sistematico e specializzato di tutte le materie prime disponibili”.

L’analisi del dente è stata condotta con metodi virtuali e altamente innovativi, che “ci hanno consentito di scoprire che si tratta di un canino superiore destro da latte di un bambino neanderthaliano di circa 11–12 anni, che ha vissuto e frequentato il Riparo tra 48.000 e 45.000 anni fa, rendendolo il resto di Neanderthal tra i più recenti di tutta la Penisola – confermano Gregorio Oxilia ed Eugenio Bertolini dell’Università di Bologna, tra i primi autori del lavoro.

I risultati delle analisi genetiche evidenziano che, da parte di madre, questo bambino era strettamente imparentato con altri Neanderthal vissuti in Belgio alcuni millenni dopo, rendendo Riparo del Broion uno dei siti chiave per comprendere la progressiva scomparsa della specie a livello europeo, tema che infiamma ancora oggi il dibattito scientifico internazionale.

“Questo dentino è fondamentale – conclude Stefano Benazzi – in quanto è stato perso in vita da un bimbo neanderthaliano in Veneto, mentre nello stesso momento, a mille chilometri di distanza in Bulgaria (Bacho Kiro) era già presente Homo sapiens come dimostrato da alcuni recenti articoli di coautori di questo lavoro”.

Le ricerche a Riparo del Broion – avviate nel 1998 dal prof. Alberto Broglio di Unife e tutt’ora in corso – sono condotte sotto la direzione scientifica di Matteo Romandini e Marco Peresani, grazie alla concessione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e al supporto di Regione Veneto, Comune di Longare (VI), Fondazione Leakey, Fondazione CariVerona, Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, e del già citato progetto europeo Erc-Success.

“Un’altra scoperta che allargherà gli orizzonti del sapere e della conoscenza delle comunità preistoriche: congratulazioni all’università di Ferrara e ai propri ricercatori per il ritrovamento sui Colli Berici del canino del bambino di Neanderthal – si complimenta il sindaco Alan Fabbri -. Si confermano gli importanti e continui successi delle campagne di scavo e il ruolo da protagonista anche in campo internazionale del nostro ateneo”.

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