Politica
28 Gennaio 2020
Nel capoluogo sembra essersi risvegliato l'elettorato dem, ma in provincia la Lega domina quasi incontrastata: un'analisi del voto di domenica

Con la mobilitazione della sinistra, Ferrara torna contendibile

di Redazione | 3 min

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Se è vero che a Ferrara la Lega non ha perso praticamente nessun voto, come affermato dal primo cittadino Alan Fabbri ieri una nota stampa, la mobilitazione dell’elettorato di centrosinistra rende comunque la città di nuovo potenzialmente contendibile ad appena sei mesi dall’elezione del primo sindaco non di centro-sinistra.

È quanto emerge dall’analisi del voto di Estense.com, che mostra alcuni trend netti: in primo luogo una crescita non trascurabile dell’affluenza alle urne rispetto al ballottaggio di sei mesi fa (nell’analisi abbiamo preso in considerazione questo dato perché offre un contesto semplificato e più vicino al bipolarismo di fatto emerso alle regionali) e spesso più marcata nelle periferie; poi un centrosinistra che esce dai confini del centro storico vincendo in diverse sezioni periferiche e, soprattutto, la ripresa da parte della sinistra della maggioranza di quasi una cinquantina di sezioni che invece al ballottaggio delle amministrative erano state conquistate dal centrodestra.

L’affluenza mostra innanzitutto una partecipazione al voto a queste elezioni regionali sicuramente molto importante, ma non sentita quanto il primo turno delle amministrative – anche se più del ballottaggio. Le affluenze più alte si trovano nella cintura esterna di Ferrara, poco fuori le mura, anche se rispetto al ballottaggio la crescita più abbondante della partecipazione al voto si trova principalmente nel quadrante sud della città. Una volta presi in esame però i voti ai candidati si mostra con tutta evidenza (specialmente considerata la differenza quasi nulla del voto alla Lega: al ballottaggio i voti a Fabbri furono 22.093, ora sono 22.078) cosa questo significhi. A tornare a votare è stato l’elettorato di centrosinistra, mentre i 5 Stelle, comunque minoritari, come si può evincere dalla differenza tra voto al candidato presidente e voto alla lista, hanno per quasi un terzo favorito il candidato del centrosinistra grazie alla possibilità del voto disgiunto, anziché disertare le urne.


Non solo: il centrosinistra guadagna anche diverse sezioni che riesce a strappare al centrodestra rispetto a sei mesi fa.


Una volta considerata la provincia, dove sussistono gli stessi trend ma la Lega e il centrodestra in generale fanno comunque molto meglio (e non ci sono cambi di casacca nei primati del maggior partito), sono dati che suggeriscono un’intreccio di causalità. Innanzitutto che l’elettorato di centrosinistra a Ferrara c’è ancora ed è molto forte e la vittoria del centrodestra a Ferrara è stata, con molta probabilità, dettata da una debolezza percepita come molto importante di Aldo Modonesi all’epoca. Ma anche che la popolarità di Bonaccini e le antipatie nel centrosinistra covate nei confronti di Salvini e Fabbri hanno spinto gli elettori di quella parte a votare contro, presidiando le urne, erodendo il vantaggio del centrodestra a una manciata di voti. La vittoria di sei mesi fa, insomma, fu sì una rivoluzione copernicana per Ferrara, ma non culturale.


Un’altra riprova la si ottiene infine dai dati dello scrutinio dei presidenti nelle sezioni, dove si nota che il centrodestra peggiora alle regionali il dato dei ballottaggi in tutte le sezioni (sono 160) tranne due.
(A causa della mole di dati inseriti in questo grafico se ne consiglia la sua visualizzazione su tablet e computer)

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