
di Pietro Perelli
È un incontro diverso dagli altri quello organizzato da Alberto Bova, capolista per la lista Bonaccini Presidente a Ferrara per le prossime regionali del 26 gennaio.
Lo è perché i protagonisti in fondo non sono né lui né quello che potrebbe essere definito uno dei leader del suo partito di riferimento, Matteo Richetti, da poco passato ad Azione con Carlo Calenda.
I veri protagonisti dell’incontro sono Don Antonio Mazzi, Laura Roncagli (presidente Agire Sociale Csv) e don Domenico Bedin che hanno il compito di portare le istanze di esperti che operano nel campo del terzo settore all’attenzione della platea e del candidato.
Proprio Bova, nel presentare l’incontro dal titolo “Una politica ragionevole a favore dei giovani e delle famiglie”, ricorda quanto sia importante questo settore e spiega che, “dopo la sanità, l’assessore che avrà in carico questi temi sarà colui che avrà l’incarico più importante”.
Prima di passare la palla a Matteo Richetti, Bova ci tiene a ricordare che “l’operato da governatore di Bonaccini è stato buono ma non ci si può sedere sugli allori di ciò che è stato fatto” e avverte del pericolo di questo continuo stato elettorale nel quale ci troviamo che non da il tempo a proposte e leggi, magari impopolari ma buone, di essere somatizzate e comprese. Matteo Richetti invece in un brevissimo intervento spiega che in questo momento storico “il vero punto su cui ci si deve impegnare non è tanto una singola legge ma la costruzione di un tessuto sociale”.
Tocca quindi a Don Mazzi che riprende, con il suo consueto vigore e la consueta ironia, il concetto già espresso da Richetti anche se attraverso racconti di vita. Racconta di quando è diventato prete a Ferrara poco dopo l’alluvione dell’undici novembre 1951, “se mi fermo – dice – e penso a quella sera lì sento ancora l’urlo del Po”. Quella sera, sulla barca con i pompieri a salvare vite, “è stata il mio battesimo, ha cambiato la mia vita”. Sono circostanze in cui ci si ritrova, spiega Don Mazzi, e che in qualche modo vanno costruite “perché i giovani di oggi non sono diversi da come eravamo noi allora, hanno ancora la fantasia”.
Non riempie il suo intervento di frasi retoriche ma lo riempie di due esperienze da lui vissute: la relazione con il nonno “analfabeta e socialista” ma anche colui che gli voleva più bene di tutti, lo capiva e allo stesso tempo lo sgridava quando era il momento, “valeva quattro psicologi”; l’incontro con un ragazzo poco tempo fa al quale dopo una prima parte di colloquio dice di “farla finita di raccontare balle, vuoi dirmi i tuoi problemi veri e non che ti fumi uno spinello ogni tanto”.
Il lungo intervento di Don Mazzi è finalizzato a spiegare che ciò che ora manca nella nostra società è la relazione e oggi “il problema non è politico ma sociale, è il mondo che abbiamo creato”. Questo perché “la società – dice – è creata dalle relazioni e ora non le coltiviamo più” rinunciando in qualche modo alla “maturità e alla crescita che in ogni momento della nostra vita ci possono portare”. “Questo mondo – conclude – va male perché abbiamo bruciato le relazioni”.
Forse più concreti ma senza discostarsi da questa linea anche gli interventi di Laura Roncagli e Don Domenico Bedin. La prima racconta il lavoro enorme che sta dietro anche al volontariato e a come “paura e solitudine siano le nostre piaghe” in particolare in quest’ultimo periodo in cui “il volontariato è stato messo a dura prova” perché tacciato di essere “buonista” ma anche “etichettato come quelli che rubano”.
La Roncagli chiede ad Alberto Bova che “la politica metta a sistema il loro lavoro e che li valorizzi”. Ancora più concreto Don Bedin che chiede espressamente e vigorosamente che “vengano messi i soldi per la ristrutturazione di seicento case di acer che oggi non possono ospitare nessuno perché non a norma”. Chiede inoltre che vengano investiti soldi sulle vie d’acqua del nostro territorio specificando in dialetto che “a ghen na darsena clè n’aldamar” (abbiamo una darsena che è un letamaio). Come logico però il punto su cui Don Bedin si sofferma più a lungo è l’immigrazione da vedersi come una “risorsa” e “non dovete avere paura di dirlo” dice ai politici in sala perché “se oggi potrà pure essere controproducente nel tempo ne trarremmo benefici”.
A questo proposito ricorda la prima immigrazione vista in Italia, quella dall’est Europa, dalla quale sono usciti imprenditori e professionisti di primo piano “oggi per la maggioranza integrati e persone per bene”. L’immigrazione che vediamo oggi deve essere vista come un’opportunità soprattutto se messa in prospettiva con la precedente “perché ne abbiamo bisogno e non siamo capaci di andare avanti senza di loro”.
Ultimo punto toccato da Don Bedin è quello dell’accoglienza diffusa “fiore all’occhiello in Emilia Romagna messa in crisi dal precedente governo”. “La regione dovrà – conclude – farsi carico di queste istanze con l’attuale governo per ripristinare il modello precedente”.
Grazie per aver letto questo articolo...
Da 18 anni
Estense.com offre una informazione indipendente ai suoi lettori e non ha mai accettato fondi pubblici per non pesare nemmeno un centesimo sulle spalle della collettività. Il lavoro che svolgiamo ha un costo economico non indifferente e la pubblicità dei privati non sempre è sufficiente.
Per questo chiediamo a chi quotidianamente ci legge e, speriamo, ci apprezza di darci un piccolo contributo in base alle proprie possibilità. Anche un piccolo sostegno, moltiplicato per le decine di migliaia di ferraresi che ci leggono ogni giorno, può diventare fondamentale.
OPPURE se preferisci non usare PayPal ma un normale bonifico bancario (anche periodico) puoi intestarlo a:
Scoop Media Edit
IBAN: IT06D0538713004000000035119 (Banca BPER)
Causale: Donazione per Estense.com