di Davide Soattin
Ravalle. In seguito alla recente decisione del prefetto di far arrivare 35 migranti in paese, una buona parte della comunità di Ravalle si è riunita in un’assemblea pubblica informativa, con l’obiettivo principale di fare un punto della situazione e ribadire l’inadeguatezza della scelta da parte delle autorità, in attesa di nuovi sviluppi che si avranno nelle prossime ore.
Tra gli interventi che si sono alternati nel corso dell’incontro, significativo è stato quello del leghista Carlo Piccinini, che in settimana aveva già portato avanti una linea moderata contro un nuovo rischio barricate: “Se si fa accoglienza, bisogna avere basi in cui contestualizzarla. La nostra zona soffre già di punti d’accoglienza per profughi e richiedenti asilo, al punto che mi sembra davvero sproporzionato accoglierne altri 35 in paese. Non abbiamo gli strumenti necessari a integrare, favorendo piuttosto il rischio di ghettizzazione all’interno di una comunità che ha caratteristiche totalmente diverse da chi arriverà”.
“Noi – ha proseguito ancora Piccinini, soffermandosi successivamente sulle condizioni dell’immobile deputato all’accoglienza – vogliamo che i migranti abbiano il loro percorso di integrazione, che di certo non è possibile in questo modo. La struttura incaricata di ospitarli è aperta a un altissimo rischio di effetto dinamico e possiede tutta una serie di vincoli storici e architettonici che ne bloccano l’aumento degli alloggi. In più c’è un problema legato alla rete fognaria, che mette a rischio le persone”.
Intanto, proprio quest’oggi, una delegazione di cittadini sarà accolta da Alan Fabbri per discutere la situazione, con la speranza – o almeno così si augurano gli abitanti di Ravalle – di “sapere la verità e magari trovare il modo di organizzare un’assemblea pubblica con lo stesso sindaco, il prefetto e tutti noi” perché per il momento “è inutile stare a fare diverse supposizioni”. Durante la serata però non sono mancate nemmeno le proposte sul da farsi, che hanno visto protagonista una platea piuttosto contrariata e ferma sulle proprie posizioni, attiva per cercare anche di trovare un rimedio concreto al problema.
E se per qualcuno l’idea di fare “una cordata per acquistare la casa dove alloggeranno per trasformarla in un centro polivalente” è sembrata essere una soluzione percorribile, per altri invece sarebbe meglio “tentare una redistribuzione equa sul territorio” o “magari richiedere un miglioramento della qualità edilizia, incentivando l’apertura di attività commerciali nella frazione” senza mai perdere di vista il leit motiv dell’intera assemblea, che è ben riassumibile in quattro semplici parole: “Noi non li vogliamo”.
Nonostante il focus dell’incontro fosse quello di “fare qualcosa per il paese, senza alcuna appartenenza politica” e “sottolineare tutte le nostre perplessità senza essere razzisti, perché qui abbiamo integrato già diverse famiglie” infatti, tra i numerosi presenti al dibattito, c’è stato anche chi ha voluto esprimere tutta la sua paura per “il rischio che ce li portino con i pullman di notte, mentre noi aspettiamo la verità”. E nel caso in cui le cose non si mettessero diversamente, la parola d’ordine è stata una sola: “Fatevi dire quando vengono, che facciamo subito le barricate”.
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