Attualità
24 Ottobre 2019
I cittadini si sono riuniti in assemblea per protestare contro la decisione del prefetto: "Fatevi dire quando vengono, che facciamo le barricate"

Ravalle chiude all’arrivo dei 35 migranti: “Noi non li vogliamo”

di Redazione | 3 min

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25Aprile. “La libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare”

“La libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni, e che auguro a voi di non sentire mai”. 

È con le parole di Piero Calamandrei – tra i padri fondatori della Costituzione – che il sindaco Alan Fabbri apre il suo intervento durante la celebrazione del 25 aprile, dopo l’alzabandiera e il picchetto d’onore. 

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In occasione di due settimane in cui si stanno susseguendo numerosi giorni festivi, le Aziende Sanitarie ricordano gli orari di attivazione del servizio di Continuità Assistenziale per la cura e assistenza alla cittadinanza nei momenti in cui non sono presenti i medici di medicina generale

di Davide Soattin

Ravalle. In seguito alla recente decisione del prefetto di far arrivare 35 migranti in paese, una buona parte della comunità di Ravalle si è riunita in un’assemblea pubblica informativa, con l’obiettivo principale di fare un punto della situazione e ribadire l’inadeguatezza della scelta da parte delle autorità, in attesa di nuovi sviluppi che si avranno nelle prossime ore.

Tra gli interventi che si sono alternati nel corso dell’incontro, significativo è stato quello del leghista Carlo Piccinini, che in settimana aveva già portato avanti una linea moderata contro un nuovo rischio barricate: “Se si fa accoglienza, bisogna avere basi in cui contestualizzarla. La nostra zona soffre già di punti d’accoglienza per profughi e richiedenti asilo, al punto che mi sembra davvero sproporzionato accoglierne altri 35 in paese. Non abbiamo gli strumenti necessari a integrare, favorendo piuttosto il rischio di ghettizzazione all’interno di una comunità che ha caratteristiche totalmente diverse da chi arriverà”.

“Noi – ha proseguito ancora Piccinini, soffermandosi successivamente sulle condizioni dell’immobile deputato all’accoglienza – vogliamo che i migranti abbiano il loro percorso di integrazione, che di certo non è possibile in questo modo. La struttura incaricata di ospitarli è aperta a un altissimo rischio di effetto dinamico e possiede tutta una serie di vincoli storici e architettonici che ne bloccano l’aumento degli alloggi. In più c’è un problema legato alla rete fognaria, che mette a rischio le persone”.

Intanto, proprio quest’oggi, una delegazione di cittadini sarà accolta da Alan Fabbri per discutere la situazione, con la speranza – o almeno così si augurano gli abitanti di Ravalle – di “sapere la verità e magari trovare il modo di organizzare un’assemblea pubblica con lo stesso sindaco, il prefetto e tutti noi” perché per il momento “è inutile stare a fare diverse supposizioni”. Durante la serata però non sono mancate nemmeno le proposte sul da farsi, che hanno visto protagonista una platea piuttosto contrariata e ferma sulle proprie posizioni, attiva per cercare anche di trovare un rimedio concreto al problema.

E se per qualcuno l’idea di fare “una cordata per acquistare la casa dove alloggeranno per trasformarla in un centro polivalente” è sembrata essere una soluzione percorribile, per altri invece sarebbe meglio “tentare una redistribuzione equa sul territorio” o “magari richiedere un miglioramento della qualità edilizia, incentivando l’apertura di attività commerciali nella frazione” senza mai perdere di vista il leit motiv dell’intera assemblea, che è ben riassumibile in quattro semplici parole: “Noi non li vogliamo”.

Nonostante il focus dell’incontro fosse quello di “fare qualcosa per il paese, senza alcuna appartenenza politica” e “sottolineare tutte le nostre perplessità senza essere razzisti, perché qui abbiamo integrato già diverse famiglie” infatti, tra i numerosi presenti al dibattito, c’è stato anche chi ha voluto esprimere tutta la sua paura per “il rischio che ce li portino con i pullman di notte, mentre noi aspettiamo la verità”. E nel caso in cui le cose non si mettessero diversamente, la parola d’ordine è stata una sola: “Fatevi dire quando vengono, che facciamo subito le barricate”.

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