(archivio)
Copparo. Una donna non può guidare l’auto. Una donna non può lavorare ed essere autonoma. Una donna non può avere un profilo Instagram. Deve stare in casa, fare la madre, obbedire al marito. “Ti uccido se non fai quello che voglio io”, si sarebbe sentita dire in un’occasione.
Era da due anni prigioniera di questi pensieri, di questa cultura e, soprattutto, della violenza con la quale suo marito pretendeva di imporli la ragazza di 25 anni che sabato scorso, dopo essere stata malmenata per l’ennesima volta, ha trovato il coraggio e la forza di chiamare i carabinieri e porre fine, si spera, all’incubo.
È questo quello che emerge a carico di A.E., 31enne, arrestato per maltrattamenti in famiglia e lesioni, aggravate dal fatto che ad assistere a tutto ciò c’era la figlia di appena 4 anni, chiusa in bagno con la madre al momento dell’arrivo dei militari.
A lei che si integrava, che si ‘occidentalizzava’ – entrambi sono albanesi di religione musulmana – che lavorava per poter essere indipendente, nonostante lui non volesse, che aveva aperto un profilo Instagram come tantissime sue coetanee in tutto il mondo, che voleva semplicemente essere libera come tutte le donne libere, lui rispondeva con la violenza, con l’imposizione: in un’occasione l’avrebbe picchiata – ha raccontato la vittima ai carabinieri – perché non gli aveva portato da bere. Ma era un controllo totale quello che il 31enne avrebbe preteso di esercitare, al punto che le avrebbe impedito di vedere i propri familiari e persino di parlare con loro.
La considerava una sua proprietà, ora dovrà rispondere di tutto. Martedì, all’Arginone, si terrà l’udienza di convalida dell’arresto. Il pm Ciro Alberto Savino chiederà per lui (difeso d’ufficio dall’avvocato Nicola Marani) la conferma della custodia in carcere.
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