Moria di pesci ai Lidi, i pescatori: “Non crederemo mai ad Arpae”
L'unione Pescatori Estensi smentisce la responsabile Daphne: "Versione blanda e precoce, la morte delle anguille rivela la presenza di inquinanti"
Comacchio. “Non crederemo mai a questa verità”. La ‘verità’ in questione è la spiegazione che Arpae e gli enti istituzionali preposti hanno dato nei giorni scorsi al fenomeno della massiccia moria di pesci sul litorale comacchiese. A non credere alla versione secondo la quale le cause sarebbero da ricondurre a semplice carenza di ossigeno nelle acque è l’Unione Pescatori Estensi.
“Mai credere – ribadiscono i pescatori – alla versione di quei controllori che si precipitano a dare rassicurazioni prima ancora di verificare i risultati delle analisi sulle acque e sulla fauna ittica. Sono forse state effettuate? Nel caso attendiamo i risultati, prima di credere a valutazioni empiriche e deduttive”.
“Da ambientalisti e pescatori conoscitori delle acque ferraresi non possiamo che essere scettici sulla rassicurante versione fornita frettolosamente da Arpae” conferma Marco Falciano, coordinatore Ggiv Fipsas e Upe. “L’ente di controllo nelle dichiarazioni pubbliche esclude fattori inquinanti, e riconduce tutto a una normale anossia”.
“La responsabile Carla Rita Ferrari – ricorda Falciano – precisa che tale situazione non deriva da apporti di sostanze inquinanti nelle acque di mare e attesta che il fenomeno sia da ricondurre a normali situazioni quali condizioni eutrofiche prolungate delle acque (crescita di microalghe) dovute ad apporti di acqua dolce dai bacini costieri, persistenza di condizioni di mare calmo, scarso idrodinamismo che non facilita il miscelamento/diluizione delle acque, persistente carenza di ossigeno sul fondo, marcato innalzamento delle temperature delle acque, con valori in superficie prossimi ai 30 gradi”.
“Senza dubbio – continuano i pescatori – quella fornita è un’ipotesi, in attesa di risultati delle analisi, che permette di discolpare qualsiasi possibile inquinatore sanzionabile: dagli allevatori intensivi, ai biogas, alle risaie ed altre coltivazioni, fino agli impianti di depurazione dei Comuni, spesso desueti e sottodimensionati rispetto alle esigenze urbane. Tutti soggetti responsabili a vario titolo dell’inquinamento delle acque interne ferraresi, più volte segnalati dalle Guardie Volontarie delle associazioni Fipsas ed Upe”.
“Sui portali meteo – aggiungono – si attesta che, nella settimana in cui è avvenuto il fenomeno, sulle coste ferraresi la temperatura media dell’acqua sia stata di 26,2 gradi, ben inferiore ai 30 necessari per innescare il fenomeno della proliferazione algale, descritto da Ferrari. Con 26 gradi le anguille non muoiono in mare per anossia: impossibile, le anguille in caso di necessità, respirano anche dalla pelle ma muoiono se l’inquinante che ha causato anche l’anossia e l’eutrofizzazione, le ha avvelenate. Quando muoiono anche le anguille si è di fronte ad un fenomeno inquinante di vasta portata, uno degli elementi sottovalutati dai tecnici Arpae nella loro blanda quanto precoce rassicurazione”.
“Per questo – conclude il portavoce Falciano – da ambientalisti rivendichiamo da anni la necessità fondamentale delle analisi delle acque ed anche dei campioni di fauna ittica, ma purtroppo questo accade raramente nelle acque interne, quanto raramente è possibile identificare un inquinatore responsabile che risarcisca il danno ambientale subito e ripristini lo stato dei luoghi. Da amanti del territorio ci auguriamo che dalle analisi questa volta pervenga una spiegazione più limpida e precisa sulla causa della moria, ed in particolare quella degli esemplari di anguille, sempre che l’indagine di laboratorio di Arpae non sia stata soggetta a problematiche preanalitiche, relative al campionamento e alla conservazione degli esemplari, che vanificherebbero le analisi. Il disastro ambientale avvenuto sulle nostre coste non deve passare inosservato. La verità dei fatti mostra un fenomeno drammatico tutt’altro che rassicurante e naturale, a differenza di quanto riportato nel primo momento. E’ necessario approfondire le cause, per evitare che tale evento si ripeta”.