Cronaca
12 Agosto 2019
I rapitori sapevano delle indagini dei carabinieri e della trappola che sarebbe scattata a Lido Nazioni

Omicidio Minguzzi, emergono nuovi particolari

di Redazione | 2 min

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Pier Paolo Minguzzi

Emergono nuovi elementi sull’omicidio di Pier Paolo Minguzzi, il 21enne di Alfonsine che nell’87 era carabiniere di leva a Bosco Mesola, rapito il 21 aprile di quell’anno e morto il successivo primo maggio, quando il suo corpo riaffiorò dal Po di Volano. L’indagine ha individuato come responsabili del sequestro di persona a scopo di estorsione e dell’omicidio pluriaggravato i due ex militari Orazio Tasca (54enne di Gela e residente a Pavia) e Angelo Dotto (56enne di Ascoli Piceno), oltre all’idraulico del paese Alfredo Tarroni di 63 anni.

I nuovi elementi emersi dalle indagini riguardano il fatto che i rapitori erano venuti a conoscenza che i carabinieri avevano organizzato un appostamento alla cabina telefonica del Lido delle Nazioni dalla quale erano partite le richieste di riscatto di 300 milioni di lire per liberare Minguzzi. La cabina era stata individuata e il 30 aprile i familiari del ragazzo avrebbero dovuto ricevere un’altra telefonata. Che non arrivò mai. Il giorno seguente il corpo d Minguzzi venne recuperato dal Volano, dove era stato gettato probabilmente la notte stessa del suo rapimento, “incaprettato” con una corda al collo legata a una inferriata di 16 chili.

Gli atti del fascicolo riaperto dal procuratore capo Alessandro Mancini e dal pm Marilù Gattelli spiegano che due dei tre membri della banda di rapitori, all’epoca carabinieri in servizio ad Alfonsine, potevano essere venuti a conoscenza degli sviluppi dell’indagine dai colleghi di Ravenna e sapere dunque che presso la cabina telefonica di Lido Nazioni stava per scattare su di loro una trappola. I militari che si erano appostati la sera del 30 aprile, infatti, non videro arrivare nessuno.

Tutto questo sarebbe emerso mettendo a confronto i file audio delle telefonate ricevute dalla famiglia di Minguzzi e dalla famiglia Contarini, vittima di un’altra estorsione due mesi dopo culminata con la sparatoria in cui venne ucciso l’appuntato Sebastiano Vetrano prima dell’arresto della banda. In quelle telefonate, in entrambe, la voce dell’estorsore era con altissima probabilità quella di Tasca. La stessa voce che il 12 maggio del 1987 cercò di depistare le indagini con una telefonata anonima alla questura di Ravenna, nella quale si affermava che il mandante del rapimento di Minguzzi era il fratello della vittima, in quel periodo trasferitosi in Spagna per crearsi un alibi.

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