Cronaca
2 Luglio 2019
L'inchiesta era partita in seguito a un periodo di forte tensione tra i poliziotti e il loro comandante di reparto

Certificati di malattia sospetti: assolti gli agenti della Penitenziaria e il medico del carcere

di Ruggero Veronese | 3 min

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Si è concluso con una raffica di assoluzioni il processo che vedeva alla sbarra otto agenti della polizia penitenziaria di Ferrara, insieme al medico del carcere, con l’accusa di aver prodotto e presentato certificati medici falsi per non presentarsi al lavoro. Nell’udienza conclusiva, il giudice ha infatti assolto tutti gli imputati con formula piena, perché il fatto non sussiste.

“È la fine di un incubo – commenta l’avvocato difensore dei nove imputati, Denis Lovison – che per oltre due anni ha avuto un effetto molto pesante per i miei assistiti e le loro famiglie, che ora potranno finalmente tornare alla serenità”.

L’inchiesta era partita in seguito a un periodo di notevole tensione tra diversi agenti della polizia penitenziaria e il loro comandante di reparto, Lisa Brianese, che portò anche il sindacato Sappe a proclamare l’astensione ad oltranza dalla fruizione della mensa di servizio e del locale spaccio, per protestare contro la dirigente accusata di “non avere il polso necessario per far valere l’autorità che rappresenta nei  casi di tensione tra agenti e carcerati”.

L’allora direttore del carcere Carmela Di Lorenzo inviò un documento alla magistratura ferrarese lamentando gravi difficoltà organizzative nel carcere dovute alle numerose assenza in corso in quel periodo.

Da lì partirono le indagini sulle assenze nella casa circondariale di nove agenti e sui certificati firmati dal medico. Le iniziali ipotesi di accusa (truffa, falso ideologico e violazione del ‘decreto Brunetta’ contro l’assenteismo negli enti pubblici) furono derubricate nel corso delle udienze preliminari a falso ideologico e uso di atto falso, mentre la posizione di uno dei poliziotti fu archiviata nelle prime battute.

A dar forza alle accuse della procura erano in particolare le analisi sulle celle a cui si agganciavano i cellulari degli imputati nei giorni delle visite dal medico, che in alcuni casi mostravano che il telefono del medico e quello del paziente non si trovavano nella stessa zona all’ora della visita.

Un dato che tuttavia non è bastato ad avvalorare le accuse, anche per via del fatto che, come rilevato dall’avvocato Lovison, basta che un agente si sia recato in qualche occasione dal medico senza telefono per far saltare tutte le possibili conclusioni legate alla ‘geolocalizzazione’ degli imputati nei giorni delle visite.

“Sono molto soddisfatto – commenta il  legale al termine dell’udienza – sia per quanto riguarda l’aspetto professionale, perché difendere dieci posizioni contemporaneamente è una sfida impegnativa a livello lavorativo, ma anche e soprattutto sul piano umano, perché queste persone dopo tre anni hanno avuto giustizia, soprattutto se si considera che sono agenti della polizia penitenziaria che si sono ritrovati imputati in un processo penale. È una situazione molto difficile per chi già per lavoro si ritrova a trascorrere gran parte del proprio tempo nel carcere, in un contesto molto impegnativo sia per chi ci lavora che per le famiglia che stanno loro accanto”.

Anche il segretario generale del sindacato Sappe, Giovanni Battista Durante, e il suo omologo nazionale Francesco Campobasso – commentano con soddisfazione la sentenza: “Abbiamo appreso con grande soddisfazione che il il nostro personale, in servizio al carcere di Ferrara, non ha commesso alcun reato, in ordine all’ipotesi di truffa aggravata ai danno dello Stato, per le presunte false malattie e certificazioni mediche. Siamo sempre stati molto fiduciosi rispetto all’esito positivo del processo. Ancora una volta la polizia penitenziaria di Ferrara, come d’altra parte la stragrande maggioranza degli uomini e delle donne del Corpo, ha dimostrato la correttezza del proprio operato e del proprio comportamento, rispetto ad ipotesi di reato e, a volte, ad iniziative disciplinari, nella maggior parte dei casi prive di fondamento”.

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