Terre del Reno. L’abbattimento di 700 piccioni a Terre del Reno fa insorgere gli animalisti e in particolare l’Enpa che ha deciso di portare il caso in tribunale. L’Ente Nazionale Protezione Animali ha infatti dato mandato al proprio ufficio legale di assumere ogni opportuna iniziativa contro il sindaco Roberto Lodi per aver autorizzato con una delibera last minute lo sterminio di 700 volatili nei terreni di un’azienda agricola alle porte della città.
Enpa ipotizza di procedere contro il primo cittadino non solo per il reato di uccisione di animali ma anche per danno erariale davanti alla Corte dei Conti, sulla scia di quanto accaduto con l’ex presidente della Provincia di Bolzano, Luis Durnwalder. Del resto “i piccioni in quanto fauna selvatica sono patrimonio indisponibile dello Stato”.
Secondo Enpa, “l’ordinanza di uccisione firmata dal sindaco il 29 marzo, cioè appena il giorno prima della mattanza (tra l’altro visti i termini fissati per il ricorso sarebbe ancora possibile impugnarla – sia pure inutilmente – davanti al Tar) presenta numerosi profili di illegittimità a partire dall’affidamento delle uccisioni a fantomatici ‘cacciatori-coadiutori’ (più volgarmente: le ‘doppiette’); una figura non contemplata dalla legge nazionale sulla caccia, la legge 157/92, che pure viene citata dall’ordinanza sindacale”.
Tra l’altro sui cacciatori -coadiutori selecontrollori “la Corte costituzionale è più volte intervenuta ribadendo che tali figure rappresentano una violazione della legalità costituzionale e che, pertanto, non possono e non devono in alcun modo essere coinvolti nelle operazioni di abbattimento dei selvatici”.
Molti poi i dubbi relativi ai motivi igienico-sanitari alla base della decisione di uccidere i piccioni. “Su questo punto l’ordinanza sembra essere davvero contraddittoria – dichiara l’ente animalista -. Infatti, prima si sostiene che nell’azienda ci sarebbe ‘la necessità di alleviare il carico di contaminazione fecale producibile dalla presenza dei piccioni’, poi, citando alcuni dei metodi ecologici adottati dalla ditta, si precisa che al momento del sopralluogo della Asl le condizioni igienico sanitarie dell’azienda erano ‘idonee e mantenute sotto controllo’ e che non c’era inquinamento da feci di piccione, grazie all’applicazione di alcuni metodi ecologici, quali reti di protezione e dissuasori acustici, tra l’altro prioritari rispetto a qualsiasi uccisone”.
“Insomma – commenta Enpa – sembra proprio che non ci fosse alcun documentato motivo che rendesse necessario e indispensabile procedere con il piano di abbattimento, anche perché esistono molte altre soluzioni soddisfacenti oltre quelle applicate dalla ditta”.
Questa operazione si è risolta in un’ecatombe: 700 colombi uccisi nel giro di 48 ore, come raccontato da Estense.com. “Vale a dire un piccione ogni cinque minuti – denuncia l’Enpa -: un vero sbarramento di fuoco, confacente più a uno scenario bellico che a quello di un Paese che ama rappresentarsi come civile e rispettoso dell’etica”.
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