di Cecilia Gallotta
Ruspa, rottamazione, e “vaffa”. La politica italiana è sempre stata famosa per essere piuttosto grottesca, ed Enrico Letta non ne fa mistero. Ce n’è per Grillo, per Renzi e ovviamente per Salvini nell’ultimo libro dell’ex premier (‘Ho imparato’) che venerdì pomeriggio ha fatto straripare l’ultimo piano della libreria Ibs, a fianco del sindaco Tiziano Tagliani, sintetizzando in queste tre parole i tre personaggi della leadership politica degli ultimi tempi.
Ma c’è anche uno spaccato del prossimo futuro, che l’ex presidente del Consiglio pisano propone sottoforma di vignetta: “Tempo fa mi regalarono il settimanale ‘La domenica del Corriere’ della settimana del mio compleanno – racconta – e fra i dialoghi di Indro Montanelli mi imbattei in questa vignetta, che ritrae il mondo nel 1966. E’ rappresentato come un villaggio di cento persone, in cui al centro ci sono gli europei, che sono 21, poi i cinesi, gli americani e 6 o 7 africani qua e là. Ho fatto la proiezione della stessa vignetta nel 2050, e oltre al fatto che le cento persone, nel ’66, rappresentavano circa miliardi, e nel 2050 rappresenteranno 10 miliardi, la differenza più colossale è che l’Africa andrà a sostituire completamente l’Europa”.
Quella di un’Europa unita è secondo Letta l’unica soluzione “se non vogliamo un giorno che ci resti solo da scegliere se diventare cinesi o americani”. L’esempio del telefonino viene facile: “Chi ormai non ha un Samsung, un Huawei o un Apple?” Quello che Letta definisce il “petrolio del futuro”, è anche una “tripadvisorizzazione del cittadino, perché quando ero giovane io, le vite non erano tracciabili. E se lo Stato decidesse di entrare qui dentro – mostra il suo Apple – avrebbe un tracciato molto ben delineato di ogni persona”.
E “la persona umana ha la priorità assoluta”, anche quando si tratta di migrazioni: sempre d’accordo con la linea europeista, l’ex premier diversifica il “dovere del salvataggio di vite umane” da quella che può essere una “politica migratoria, con legittime e giuste quote selettive”. Ma quella “dell’invasione è una vera e propria storia, creata ad hoc dal governo felpastellato – come lo definisce Letta – perché i numeri, dagli sbarchi, non sono superiori a quelli di qualche anno fa, quando la guerra in Siria portò un milione di siriani in Europa. Con la differenza che prima, moriva in mare un migrante su 42, adesso uno su dieci”.
Insomma, ciò che del sovranismo Letta individua sbagliato, “è la risposta di pancia, ma senza lungimiranza per il futuro. Sono rimasto esterrefatto – racconta – quando ho letto i commenti di alcuni politici italiani alla notizia dei dazi che Trump ha messo sulle macchine tedesche. Il che tocca l’intera industria manifatturiera europea, che fra le prime, assieme alla Germania, vede l’Italia, ma l’italiano medio ‘ci gode’ che anche i tedeschi debbano pagare”.
D’altro canto però, “non credo a un ‘tempo leggendario’ della democrazia rappresentativa: se siamo arrivati al populismo, l’era dell’ante-populismo non credo fosse migliore. Se a questo siamo arrivati è per un concorso di responsabilità che non lascia esente nessuno”, come cita il libro, le cui pagine hanno vita propria persino su Instagram, sottoforma di mini-video che l’ex premier ha girato, per arrivare dritto a tutti i target e tutte le età. Infondo, “la bellezza della vita è guardarla attraverso gli occhi degli altri, oltre che i propri”.
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