Cronaca
11 Febbraio 2019
Assolti tutti gli altri imputati. Reggono al vaglio dei giudici solo le accuse di falso in prospetto, aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza. Cade l'impianto sulle operazioni reciproche e la formazione fittizia del capitale e sulla loro influenza nel dissesto della banca cittadina

Processo Carife, condannati solo Lenzi e Forin

Sergio Lenzi, ex presidente di Carife (foto di Alessandro Castaldi)
di Daniele Oppo | 4 min

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(foto e video di Alessandro Castaldi)

L’aumento di capitale da 150 milioni di euro del 2011 non fu fittizio e, anche se non venne eseguito con tutti i crismi, non fu causa del dissesto di Carife. Dal processo arriva una sentenza che si ferma a mezza via: da un lato la condanna per i soli Sergio Lenzi e Daniele Forin, ai tempi rispettivamente presidente del Cda e direttore generale di Carife, per falso in prospetto, ostacolo alla vigilanza e aggiotaggio; dall’altra l’assoluzione per tutti gli altri 9 imputati (e gli stessi Lenzi e Forin) dall’accusa più pregnante e più difficile da sostenere: quella di aver messo in essere un’operazione fittizia, con la collaborazione di altri due istituti di credito amici, che ha causato infine il dissesto di Carife.

E così dopo circa 8 mesi mesi di udienze nelle aule del tribunale e al centro “Il Quadrifoglio”, la sentenza pronunciata nel pomeriggio di lunedì 11 febbraio recita condanna a 2 anni e 6 mesi per Lenzi e 2 anni a 3 mesi per Forin, considerati in definitiva gli artefici unici della redazione di un falso prospetto (capo d’imputazione 1), distribuito ai potenziali azionisti, omettendo di dar loro informazioni rilevanti per soppesare il rischio; di aver dato false informazioni (aggiotaggio, capo 2 e per Lenzi anche capo 6, altre condotte sono invece prescritte), mancando di aggiornare il prezzo delle azioni (21 euro ciascuna) in ragione del risultato consolidato di bilancio molto negativo conseguito nel 2010 e diffondendo comunicati stampa non veritieri; di aver ostacolato la vigilanza Consob (capi 3 e 4), omettendo di informarla sui requisiti richiesti da Bankitalia in merito all’aumento di capitale (raggiungere un tier-1 ratio almeno dell’8% e che l’aumento fosse diretto a soggetti idonei a valutare il rischio), nonché omettendo di aggiornare le previsioni contenute nel prospetto sulla base ai risultati 2010.

La procura aveva chiesto per loro condanne rispettivamente a 7 anni e 4 mesi e 7 anni, la pronuncia del collegio presieduto dal giudice Vartan Giacomelli, arrivata dopo quasi 7 ore di camera di consiglio, ha invece ammorbidito di molto la loro posizione, escludendo da un lato che ci siano state sottoscrizioni reciproche di capitale con Banca Valsabbina e CariCesena, dall’altro che tutta l’operazione nel complesso abbia portato al dissesto e, dunque, alla bancarotta della Cassa di Risparmio di Ferrara (capo 8). Era la parte più complessa e coraggiosa dell’accusa e la più difficile da dimostrare, anche perché senza precedenti a far giurisprudenza.

E, infatti, tutti gli 11 imputati sono stati assolti per tali condotte e per le altre a loro attribuite perché il fatto non sussiste. Dunque risultano senza macchia Davide Filippini (ex direzione Bilancio, considerato dalla procura il Deus ex machina di tutto con una richiesta di condanna a 7 anni), Michele Sette (direzione Finanza), Paolo Govoni e Teodorico Nanni (ex consiglieri Carife e presidenti delle controllate Carife Sei e Banca di credito di Romagna, per i quali erano arrivate le uniche richieste di assoluzione); Germano Lucchi, Adriano Gentili e Maurizio Teodorani (vertici di CariCesena) e Spartaco Gafforini (ex dg di Valsabbina). Michele Masini, revisore della Deloitte & Touche, è stato assolto dalle accuse di aver concorso nei reati di falso in prospetto e ostacolo alla vigilanza di Consob perché il fatto non costituisce reato e in una parte perché il fatto non sussiste.

Lenzi e Forin – oltre alle spese di giudizio, che sommate arrivano a qualche centinaia di migliaia di euro – sono infine stati condannati a risarcire le parti civili che avevano sottoscritto l’aumento di capitale del 2011 – fra queste anche la Banca Valsabbina, che sottoscrisse l’aumento per 10 milionidi di euro – e la Consob, ma i giudici non hanno concesso alcuna provvisionale. La sentenza, assolvendo i vertici di CariCesena e Banca Valsabbina, esclude anche la responsabilità civile dei due istituti (oltre che di Deloitte).

«Da un lato – commenta a tal proposito l’avvocato Gianni Ricciuti, uno dei legali che assiste alcune parti civili, nonché il Movimento Difesa del Cittadino – c’è la comprensibile soddisfazione perché comunque c’è stata una condanna, dall’altra c’è preoccupazione perché sarà difficile recuperare le somme dagli unici due condannati. Attendiamo le motivazioni e anche gli esiti dell’inchiesta bis, non molliamo, bisogna avere pazienza, ma arriviamo fino in fondo».

Da rilevare che su molti capi d’imputazione pende comunque la scure della vicinissima prescrizione, motivo che ha accelerato di molto di tempi del processo.

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