“No ho mai percosso i bambini”. Rigetta ogni accusa l’educatrice a processo per aver maltrattato alcuni bambini in un nido d’infanzia nel periodo tra 2016 e 2017.
La donna, 38 anni, ha raccontato la sua versione dei fatti al giudice Vartan Giacomelli, accettando di farsi interrogare e rispondendo alle domande del pm, oltre che del suo difensore, l’avvocato Denis Lovison e del giudice stesso.
La maestra ha raccontato di come, a dicembre del 2016, le venne le venne rappresentata qualche situazione problematica con una bambina, che a casa si dimostrava aggressiva, e parlava di “baba totò”. Dopo un giorno di osservazione, chiesto da lei stessa, con la coordinatrice esterna, che non rilevò alcuna anomalia, ma solo normali dinamiche all’interno di un nido, le cose sembrarono tornate alla normalità, tant’è che una delle famiglie oggi parte civile nel processo la assunse anche come baby sitter per le vacanze di Natale. Al ritorno da queste ultime tutto sembrava andare per il meglio: “I genitori ci dissero che non era successo più nulla, di stare tranquille”. Ma poco dopo vennero a galla delle lamentele. “Il mio ultimo giorno di lavoro effettivo è stato il 13 gennaio. Il 17 successivo mi è stato detto dalla direttrice: o ti licenzi da sola oppure i genitori di una bambina scriveranno una lettera di contestazione”. La maestra non si licenziò, ritenendosi innocente, e di lì a poco arrivò la lettera a poi la denuncia all’autorità giudiziaria da parte di tre famiglie (c’è anche una parallela causa di lavoro in corso)
L’educatrice, su domanda del suo avvocato, ha ricordato di aver lavorato in precedenza per 15 anni in un’altra struttura, senza mai problemi.
Prima di lei è stata sentita l’avvocato Ghira Masi che segue il nido nella causa di lavoro contro l’educatrice, che mandò sua figlia al nido e che ha detto di non aver mai avuto riscontro da lei dei problemi segnalati inizialmente solo da un’altra mamma. Ha anche riferito che la figlia, dopo vari dinighi precedenti, rispose in maniera affermativa all’ennesima domanda che chiedeva se l’educatrice trattava male i compagni ma di non avervi dato troppo peso, pur parlandone con la direttrice della struttura, per via del timore di averla influenzata.
In questo contesto entra in gioco il fondamentale ruolo degli esperti. La consulente della difesa, – Claudia Castagnoli, specialista in psicologia clinica e giuridica minorile, che è anche consulente della Polizia di Stato di Ferrara – senza molti giri di parole ha identificato gravi lacune in una consulenza dell’accusa. Innanzitutto l’assenza di video sui comportamenti dei bambini, le cui affermazioni vengono riportate solo dai genitori. A suo avviso, inoltre, manca una diagnosi differenziale dei comportamenti visti come sintomo dei maltrattamenti ma che sono comuni anche ad altre situazioni di stress, come le liti in famiglia o i trasferimenti: “Va fatta un’analisi di tutto il contesto e non ce n’è traccia nella relazione”. Sugli atteggiamenti aggressivi e la presenza di lividi descritti dai genitori, la psicologa ha spiegato che “all’età di circa due anni i bambini cominciano a manifestare atteggiamenti provocatori nei confronti delle persone che se ne prendono cura, come buttarsi a terra, rifiutare il cambio di pannolino, fare i capricci, perché iniziano a formarsi una personalità. È un processo naturale e spesso i genitori si trovano in difficoltà”. Anche sulla descrizione delle “totò” ha affermato che il significato reale “andrebbe chiesto al bambino, perché è una parola che usiamo noi adulti e a cui noi attribuiamo il significato di botte ma bisogna vedere cosa intendono i bambini, anche dal comportamento”.
Le parti civili hanno rinunciato a una loro consulente e non c’è stato consenso all’acquisizione della sua relazione, che viene peraltro richiamata in un’altra già agli atti eseguita dal medico legale, provocando difficoltà di natura interpretativa per il giudice. L’udienza è stata aggiornata al 20 febbraio, quando dovrebbe concludersi il processo.
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