di Cecilia Gallotta
“Tre anni senza Giulio”. Sono state circa una cinquantina le fiaccole su cui si è illuminata questa scritta venerdì sera ai piedi dello scalone di piazza Municipio. Alle 19.41 per la precisione, lo stesso orario in cui il ricercatore friulano Regeni inviò il suo ultimo sms prima che il suo nome finisse nella lista delle sparizioni forzate in Egitto. E pochi giorni prima che passasse poi, a quella degli assassinati sotto tortura.
Il grido di Amnesty – fautrice del momento assieme ad Adi (associazione dottorandi e dottori di ricerca italiani) – vuole farsi più di tutto vicino ai genitori Paola e Claudio, “presenti oggi alla fiaccolata di Fiumicello (paese d’origine di Giulio, ndr) – riporta Francesca Mazzotti di Amnesty – ma anche nel resto d’Italia dove sono state organizzate più di cento altre fiaccolate”: è infatti attraverso una lettera inedita che i coniugi Regeni si fanno sentire alla cittadinanza.
“Una cittadinanza che non li ha lasciati soli in questi anni, a differenza dello Stato – è l’attacco di Amnesty – a partire dall’unica azione decente che era stata fatta, e che è stata poi immediatamente revocata” prosegue Mazzotti, in riferimento al ritiro dell’ambasciatore italiano dal Cairo, che è stato poi successivamente fatto rientrare. L’appello passa quindi subito “al governo, e ai rapporti di convenienza economica che hanno sempre dettato le decisioni del nostro Paese, e che mai al mondo dovrebbero prevaricare il diritto alla vita, foss’anche di una sola persona”.
“Giallo è ormai il colore della storia di Giulio – si legge nella lettera – che ha dipinto un percorso di dolore. Ma noi non molliamo, per tutti i Giulio e Giulie del mondo, e perché questo serva a tenere alta l’azione mediatica, che non è solo la stampa, ma anche quella della cittadinanza. E il tempo della memoria, verrà solo dopo quello della giustizia”.
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