Politica
24 Dicembre 2018
La nuova disciplina al microscopio, dai dubbi di Marattin al ruolo della nuova Commissione tecnica, passando per l'onere della prova fino ai limiti degli indennizzi

Carife. Cosa cambia per gli azzerati con il maxi-emendamento alla Manovra

di Daniele Oppo | 6 min

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(archivio)

Il maxi emendamento alla Legge di bilancio approvato sabato sera dal Senato (con voto fiducia posto dalla maggioranza per blindarne il contenuto) comporta anche alcune novità per i risparmiatori azzerati della Carife. Entro fine anno lo stesso testo dovrà essere approvato senza modificazioni anche dalla Camera, per cui – a meno di patatrac – possiamo considerarlo definitivo. Proviamo ad esaminare le novità introdotte dai commi 256 fino a 267 ter del maxi-emendamento e quali sono le differenze rispetto all’ormai vecchio articolo 38 della Legge di Bilancio 2019.

Carife esclusa? Il Governo ha stabilito che possono accedere al Fondo Indennizzo Risparmiatori (Fir) gli azzerati dalle «banche poste in liquidazione coatta amministrativa dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1° gennaio 2018». Qui si fonda la discussa critica di Luigi Marattin, che ha specificato meglio la sua posizione con un nuovo post su Facebook il 23 dicembre in cui spiega da cosa nascano i sui dubbi: «Le due banche venete (Popolare di Vicenza e Veneto Banca) sono state direttamente poste in liquidazione coatta amministrativa nel giugno 2017, quindi qui non c’è alcun dubbio.  Le “4 banche” invece (Carife, Etruria, Chieti e Marche) sono sì state poste anch’esse in liquidazione (nel dicembre 2015) ma dopo aver applicato la risoluzione, che è una procedura diversa, e che fu applicata un mese prima (novembre 2015). In quell’occasione, furono separate la “bad bank” (poi posta in liquidazione) e la “good bank” (poi acquisita da altre banche: Bper per Ferrara, Ubi per le altre tre)». Secondo il deputato Pd questa dimenticanza crea una «possibile forma di ambiguità interpretativa», da leggere anche legata al fatto che i tribunali hanno riconosciuto il diritto al credito risarcitorio verso le banche acquirenti, quelle in linea diretta con le good bank e non con le bad bank poste in liquidazione. Il dubbio formalmente sembra avere un fondamento, anche perché il ‘vecchio’ articolo 38 della Legge di Bilancio effettivamente prevedeva (alla lettera b del comma 3) – e ci sarà pur stata una ragione – sia l’ipotesi liquidazione coatta amministrativa diretta, che quella successiva alla risoluzione. In attesa di vedere come andranno realmente le cose, sicuramente si può affermare che il testo dell’emendamento sarebbe potuto e avrebbe dovuto essere molto più chiaro per non alimentare alcun dubbio ma probabilmente dal lato pratico non ci saranno davvero discriminazioni tra le due banche venete e la quattro poste in risoluzione, anche perché l’iter preparatorio della norma rende chiara l’intenzione del legislatore.

La dotazione del fondo. In ogni caso, il Fir – che sostituirà il Fondo di ristoro finanziario – avrà a disposizione 1,5 miliardi di euro, 525 milioni per ciascun anno dal 2019 al 2021, dotazione che potrebbe aumentare nel caso venissero reperite altre risorse.

I beneficiari. Gli azzerati che avranno accesso al Fondo sono i «risparmiatori, persone fisiche, imprenditori individuali anche agricoli o coltivatori diretti, le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale […] e le microimprese […] che occupano meno di 10 persone e realizzano un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni di euro, in possesso delle azioni e delle obbligazioni subordinate» delle banche poste in liquidazione, o i loro aventi causa (come gli eredi, ad esempio). Sono previste alcune esclusioni, come per chi era amministratore delle banche o per i gli investitori qualificati.

Basta la domanda per ottenere l’indennizzo?  Altro punto ambiguo – politicamente ma anche in termini di diritto – del maxi emendamento è l’individuazione dei risparmiatori che potranno accedere al Fondo. Cambia qualche definizione rispetto al ‘vecchio’ articolo 38 della Legge di Bilancio, divenendo molto più fumosa e poco tecnica, probabilmente nell’intento di generalizzare la platea dei beneficiari, come richiesto dalle associazioni degli azzerati. Secondo il nuovo testo «Il Fondo eroga indennizzi a favore dei risparmiatori […] che hanno subito un pregiudizio ingiusto» dalle banche «in ragione delle violazioni massive degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza, buona fede oggettiva e trasparenza» previste dal Testo unico della Finanza. La parola «massive» sembra voler indicare una violazione delle norme non da intendere nei singoli casi da valutare, ma generalizzata, in modo che non siano più i singoli risparmiatori a dover provare il misselling. L’ambiguità in questo caso potrebbe essere voluta, funzionando da escamotage per cercare di evitare una possibile procedura d’infrazione dall’Europa a fronte di un rimborso di fatto reso generalizzato. Le possibilità sono due: o il Governo sta affermando tra le righe che quelle vendite di azioni e obbligazioni crearono un «pregiudizio ingiusto», o tale pregiudizio, il misselling, dovrà comunque essere provato, azzerando così le differenze con quanto previsto dalla normativa precedente. Come funzionerà nel concreto lo si scoprirà solo nei prossimi mesi con l’emanazione del decreto attuativo. Di sicuro, rispetto al vecchio testo, tale pregiudizio (lì chiamato «danno») non deve più essere già «riconosciuto con sentenza del giudice o con pronuncia dell’Arbitro per le controversie finanziarie (Acf)»

Non più arbitri, ma una commissione di esperti. A tal proposito, altra novità è che non sarà più un arbitro a decidere, ma sarà compito di un’apposita «commissione tecnica per l’esame e l’ammissione delle domande», che sarà composta da 9 membri nominati con decreto del Mef e che costerà 1,2 milioni di euro all’anno che verranno sottrati al Fondo. Qui sorgono altri potenziali dubbi: sarà la commissione ministeriale – assumendo un ruolo para-giudiziario – a verificare l’esistenza del pregiudizio da violazione delle leggi per i risparmiatori che presentano la domanda, oppure si limiterà a riconoscere gli indennizzi a chi semplicemente dimostrerà di essere stato azionista o obbligazionista?

I limiti degli indennizzi. Una promessa sicuramente non mantenuta dal Governo M5S e Lega è quella sulla misura degli indennizzi che non saranno totali, ma rimangono confinati e che ora creano un discrimine tra azionisti e bondisti. Per gli ex azionisti – come già previsto in precedenza – permane il limite del 30%, fino a un massimo di 100mila euro per ciascun risparmiatore e costituirà il rimborso massimo ottenibile con questa procedura. Per gli obbligazionisti subordinati sparisce il limite del 30% ma l’ammontare sarà calcolato sul 95% del costo di acquisto (una percentuale che si avvicina alle richieste degli azzerati che chiedevano il 100%) e comunque fino a un massimo di 100mila euro.

Possibilità di cumulo. Le percentuali potranno crescere nel caso venga aumentata la dotazione del fondo o nel caso in cui il numero di indennizzi corrisposti nei primi anni sia inferiore alle previsioni e dunque avanzino risorse (rimane però il limite dei 100mila euro). Gli indennizzi sono considerati «al netto di eventuali rimborsi ricevuti a titolo di transazione con le banche […] nonché di ogni altra forma di ristoro, rimborso o risarcimento» (per gli azionisti) o «del differenziale cedole percepite rispetto a titoli di stato di durata equivalente» (per gli obbligazionisti subordinati). Sparisce il vincolo previsto dal vecchio articolo 38 sulla «rinuncia all’esercizio di qualsiasi diritto e pretesa connessa alle stesse azioni». Al Fondo interbancario di tutela del deposito (Fidt) viene affidato il non semplice compito di documentare tutte le forme di risarcimento liquidate ai risparmiatori. Verranno liquidati prima i risparmiatori con Isee inferiore a 35mila euro nel 2018.

Sei mesi per presentare le domande. Entro trenta giorni dall’approvazione della Legge di Bilancio, un decreto del Mef dovrà definire le modalità di presentazione delle domande di indennizzo, che andranno presentate direttamente al ministero entro 180 giorni dalla pubblicazione del decreto stesso, corredate da tutta la documentazione attestante il possesso dei requisiti per accedere al ristoro economico.

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