di Simone Pesci
Guardare da vicino Ludovico Ariosto almeno una volta nella vita? E’ quello che hanno fatto domenica un centinaio di ferraresi, giunti in piazza Ariostea per ammirare da pochi centimetri la statua del poeta, il cui restauro prosegue in questi giorni a terra. La prima domenica di cantiere aperto ha subito attirato numerosi spettatori, curiosi di scattare foto e di poter guardare quasi negli occhi – quasi, perchè il monumento resta comunque alto circa cinque metri per 70 quintali di peso – il padre dell’Orlando Furioso.
I ferraresi, nella piazza resa grigia dalle condizioni atmosferiche, sono stati accolti dall’assessore ai Lavori Pubblici Aldo Modonesi, dalla direttrice dei lavori Benedetta Caglioti, dal direttore tecnico della ditta Gerso Luigi Soligo e dallo storico Francesco Scafuri, che ha condensato in pochi minuti mezzo secolo di storia della piazza Nova.
Una storia che narra di uno spazio voluto a fine 1400 da Ercole I, il cui intento era di erigere due colonne di marmo sulle quali installare una statua equestre raffigurante egli stesso. Il suo progetto, però, naufragò nel Po insieme a uno dei due blocchi di marmo di Verona durante il trasporto verso Ferrara. Rimase solo una colonna, che prima del poeta ospitò prima Papa Alessandro VII e poi Napoleone, che ‘soggiornò’ nella piazza dal 1814 fino al 1833, anno dal quale i ferraresi si sono abituati a vedere lassù Ludovico Ariosto.
Che, oggi, vive un restauro e un consolidamento strutturale decisamente importante, spiegato al pubblico da Caglioti e da Soligo, che ha rivelato come ogni giorno ci si accorgesse “di problemi non visibili, che dopo numerose video endoscopie ci hanno fatto scoprire che tutti gli elementi in ferro erano ossidati e scomparsi”. Obiettivo del restauro è che la statua “duri molti più anni di quello che è durato fino ad adesso” promettono i tecnici.
E quando Ariosto tornerà lassù, a dominare Ferrara dalla sua posizione privilegiata, piazza Ariostea tornerà alle sembianze che fecero innamorare Giorgio De Chirico, il quale “prende spunto dalla piazza per una delle sue opere più importanti, quella del 1917 dove il manichino viene messo sulla colonna al posto dell’Ariosto” rivela Scafuri, riferendosi a ‘Le muse inquietanti’, opera nella quale sullo sfondo compare anche il Castello Estense. Inevitabile, dunque, che “d’ora in poi nella statua individueremo un monumento metafisico”.
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