Goro
21 Novembre 2018
Nella seconda parte dell'inchiesta in onda su Italia 1 emerge l'"ambiente di perversione" in cui ha agito il killer. I suoi eredi allontanano i sospetti: "Noi gente per bene"

Willy Branchi vittima degli ‘avanguardisti di Goro’, le Iene scoprono il velo

di Redazione | 4 min

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di Giuseppe Malatesta

Goro. “Dopo 30 anni serviva un segnale forte per la comunità di Goro, che ovviamente per la maggioranza è fatta di persone per bene”. È lo spirito che muove il reportage de Le Iene sulla vicenda di Willy Branchi. Dopo una prima parte mandata in onda una settimana fa, il viaggio di Antonino Monteleone e Riccardo Spagnoli prosegue tra persone più o meno informate dei fatti, scontrandosi ancora una volta con dichiarazioni a mezza bocca, interrotte dalla paura di parlare troppo.

Ripartendo dalle dichiarazioni rese da Don Tiziano Bruscagin al giornalista Nicola Bianchi, Le Iene stringono il cerchio e arrivano a scucire dichiarazioni ai parenti più prossimi di quello che viene indicato come presunto assassino, un ignoto gorese che dall’identikit fornito non dovrebbe essere più in vita. “Metterebbe la mano sul fuoco su suo suocero?” domandano gli inviati del programma di Italia 1 alla donna che ha sposato uno dei due figli dell’uomo, e che, convinta della sua innocenza, declina i sospetti senza inveire. Come lei anche uno dei due figli dell’uomo, indicati dal parroco come complici dell’occultamento del cadavere di Willy: “Basta allusioni, la mia famiglia non ha fatto del male a nessuno”.

Sempre sul presunto assassino Le Iene ricordano che poco dopo l’omicidio, l’uomo fu ricoverato in una clinica psichiatrica padovana in seguito ad una grave crisi di nervi, particolare riportato da Don Bruscagin e confermato dalla suocera dell’uomo. Sempre il parroco insinuò la complicità dell’allora medico del paese, tra i primi ad essere intervenuti sul luogo in cui era stato abbandonato il corpo. Medico che all’epoca era sposato con la sorella del presunto assassino e che avrebbe “insabbiato” dettagli compromettenti.

Tra coloro che, secondo quanto emerso su Italia 1, sanno più di quel che raccontano c’è anche Patrizio Mantovani, che la sera dell’omicidio era in compagnia di Willy. Una testimone conferma ancora oggi che Mantovani, notando il presunto assassino in giro per il Paese alla ricerca di Willy, chiese al ragazzo cosa volesse da lui quell’uomo. “Se insiste lo dico a mio fratello” rispose Willy, scatenando il probabile movente dell’omicidio. Mantovani, raggiunto da Monteleone, nega categoricamente ogni cosa.

Enea con il giornalista Antonino Monteleone

Ma a squarciare il velo su quello che i carabinieri avevano definito un “convegno carnale” (un nutrito gruppo di uomini di Goro che all’epoca dell’omicidio intratteneva rapporti omosessuali e pedofili con giovani ‘vurnerabili’ come Willy o adescati facilmente perché ingolositi dal denaro con cui venivano ricompensate le loro prestazioni) sono due personaggi particolarmente informati che rispondono al nome di Carlo Selvatico ed Enea.

Il primo, indagato per false dichiarazioni al pm, all’epoca non nascondeva la sua omosessualità, né il suo vezzo di avere rapporti sessuali con ragazzi che non sapeva fossero o meno minorenni. “Non mi interessa la morte di Willy, non lo conoscevo. Non vedo, non sento e non parlo: ho paura ma non credo di meritare la fine di Willy. Vorrei sapere – dice poi – perché sono sotto processo, forse perché frequentavo un gruppo ‘più all’avanguardia’ rispetto alla massa di Goro”.

Tra i giovani adescati da Selvatico c’è Enea, che scende in strada alla ricerca della troupe de Le Iene quando viene a sapere che sono in giro per Goro. “Non potevo parlare in casa – spiega inconsapevole di essere ripreso – se mia moglie scopre questa roba sarò costretto a separarmi”. Enea, sposato già all’epoca, non nega di essersi concesso a rapporti di sesso orale con Selvatico, aggiungendo che erano parecchi i suoi coetanei ad aver fatto lo stesso ai tempi.

Apparentemente non collegata alla sorte di Willy (quantomeno Enea lo nega), tali trascorsi tracciano “un ambiente di perversione”, il contesto in cui in quegli anni si muoveva la vittima (che secondo Don Bruscagin potrebbe essere stata addirittura reclutato da centri di ritrovo sessuali del vicino Veneto).

Hai ucciso tu Willy?” arriva a chiedere Monteleone ad Enea, che nega ridendo. Nel frattempo Luca Branchi non si dà per vinto, anche se si ripromette spesso di evitare approcci diretti a testimoni, presunti complici e persone collegate alla vicenda. “Non è così semplice, devo pensare anche alla mia famiglia. Il tempo passa e Willy mi manca, ho capito cosa volesse dire avere un fratello solo dopo. Potevo fare un giro in piazza quella sera, invece no. Andrò avanti, per dare un po’ di pace a Willy, a mia madre e a me stesso”.

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