Eventi e cultura
16 Novembre 2018
La giornalista ferrarese ha scritto il copione insieme all'attrice Gianna Coletti. Sul palco la battaglia sul fine vita

“Interruzioni” di Camilla Ghedini diventa uno spettacolo sul testamento biologico

di Redazione | 3 min

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“Interruzioni”, il libro della scrittrice e giornalista ferrarese Camilla Ghedini, ispira un omonimo spettacolo che debutta in prima assoluta a Milano oggi, venerdì 16, con repliche sabato 17 e domenica 18 novembre al teatro Linguaggicreativi.

Per l’occasione il volume verrà rieditato con la prefazione di Mina Welby, in uscita il prossimo 19 novembre per Giraldi editore.

Lo spettacolo è tratto dal terzo racconto del libro della Ghedini e per la prima volta tratta con lucidità e leggerezza il tema del testamento biologico e del fine vita, come conquista, dall’approvazione in Italia lo scorso gennaio della legge sulle Dat (Disposizioni Anticipate di Trattamento).

Protagonista della produzione firmata Spericolata Quinta e diretta da Renzo Alessandri è l’attrice Gianna Coletti, che ripercorre una cifra a lei cara, che unisce levità e ironia, interpretando tre donne: una madre, una figlia e una dottoressa.

A patrocinarlo è l’associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, protagonista in questi anni di tante battaglie per arrivare a una legge sul fine vita. È uno dei suoi leader più conosciuti, Marco Cappato, a spiegarne la motivazione: “Se il Parlamento ha approvato la legge sul biotestamento è anche grazie a storie di persone che hanno deciso di rendere pubbliche le loro scelte, come Piergiorgio Welby e Dj Fabo, incarnando il motto di Luca Coscioni, ‘dal corpo dei malati al cuore della politica’. Sono grato all’opera di Camilla Ghedini interpretata da Gianna Coletti perché il teatro è spesso uno specchio della vita, e può contribuire a diffondere la cultura del diritto e dei diritti in attesa di una legge che consenta anche l’eutanasia”.

Nel testo, scritto dalla stessa Coletti e da Camilla Ghedini, tutto ruota attorno a tre figure, tutte incarnate in scena da Gianna Coletti: una giovane donna pacificata con la malattia che il destino le ha riservato; una madre assetata d’amore che vive di illusioni e rimpianti; una dottoressa che facendosi portavoce dei tanti dubbi sul tema, rivolgendosi esclusivamente al pubblico, spiega che il testamento biologico non è solo un atto con cui porre fine alla vita rinunciando all’accanimento terapeutico ma anche uno strumento con cui si può scegliere invece di vivere più a lungo.

Attraverso le parole della dottoressa si ripercorrono protagonisti ed esperienze che hanno segnato passaggi importanti dell’autodeterminazione nel nostro Paese, dalla toccante lettera di Piergiorgio Welby al presidente Napolitano, al coraggio di papà Beppino Englaro che ha lottato per rispettare le volontà della figlia Eluana.

Sullo sfondo c’è l’incomunicabilità senza rimedio; il tempo e la mancata condivisione; la famiglia, nucleo imperfetto in cui si annidano inconfessabili segreti; le cliniche svizzere, tra suggestione e realtà; la Chiesa, che pur non a favore del biotestamento si è espressa contro l’accanimento terapeutico; la fede, che nell’intimo può convivere con un atteggiamento laico di fronte all’esistenza. Ci sono la Costituzione e il Vangelo. Interpretando i tre differenti personaggi, intervallati dalle suggestioni del sax di Jonathan Norani, Gianna Coletti tratta con delicatezza temi ostici. E il dirsi addio si trasforma in grazia e perdono.

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