Attualità
7 Novembre 2018
Il vescovo Perego risponde con forza ai suoi critici: “Il mondo sta cambiando la nostra città, a noi governare il cambiamento o sarà la loro morte, abbandonate allo scontro e a difendere una ‘razza’ che non c’è”

“Là dove c’è ingiustizia, sfruttamento, razzismo e discriminazione la Chiesa fa politica”

di Redazione | 6 min

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È lunga, pacata e articolata, piena di riferimenti non solo alla storia recente della Chiesa, ma anche ai dati della società italiana, la risposta del vescovo Gian Carlo Perego a chi, in questi mesi, lo ha pesantemente criticato, quando non apertamente contestato, per le sue posizioni di apertura e accoglienza verso i migranti.

E non un passo indietro viene fatto dal vescovo che anzi – in un editoriale sul numero 9 de “La Voce” intitolato “La fede in sagrestia? La confusione tra politica e partiti” – rivendica con forza le proprie indicazioni sulla “necessità di un progetto politico sull’immigrazione da parte del mondo del volontariato e dell’associazionismo” con lo scopo di governare il cambiamento, anziché subirlo e sulla realtà già oggi pienamente affermata, anche sugli amati campi di calcio, del “meticciato”, parola, quest’ultima, all’origine della manifestazione davanti alla Cattedrale proprio contro Perego, organizzata dal gruppo “Insorgenti”.

A chi ha definito la sua posizione come uno ‘schieramento a sinistra’ o un caso d’ingerenza nella vita pubblica, Perego risponde che “là dove c’è ingiustizia, sfruttamento, razzismo e discriminazione la Chiesa fa politica, senza sposare nessun partito, perché ama una città per l’uomo, come ci insegna il Magistero sociale della Chiesa, che attualizza il Vangelo di Cristo”.

Ai critici ricorda “forse costoro, come altri in passato, considerano la fede come una realtà solo spirituale, da sagrestia, che quando esce parlando delle ‘gioie e delle speranze, delle tristezze e delle angosce della gente’ fa politica’. Fu così con Leone XIII che, all’uscita della Rerum Novarum, nel 1891, alcuni giornali titolarono ‘il Papa socialista’, perché difendeva i diritti dei lavoratori alla casa, alla giusta retribuzione, al riposo, la tutela della maternità. Benedetto XV, a seguito della sua lettera nel 1917 che condannava la Prima Guerra mondiale come una ‘inutile strage’, fu considerato ‘nemico della Patria’ da diversi Paesi tra loro belligeranti. Durante il fascismo e anche nella guerra partigiana, diversi preti – anche sul territorio ferrarese – furono uccisi, e il magistero dei Vescovi censurato dalla stampa, perché contro il Regime. All’uscita dell’enciclica Populorum Progressio di Paolo VI, nel 1987, alcuni quotidiani titolarono ‘Il Papa comunista’ e l’anno dopo, nel 1968 – all’uscita dell’Humanae vitae – titolarono il contrario: ‘Il Papa conservatore’”.

“Il tentativo di incasellare il Magistero papale ed episcopale nelle categorie ideologiche o partitiche è un travisamento – ribatte Perego -: talora per non impegnarsi nell’obbedienza del Magistero, altre volte per piegare il Magistero al proprio interesse, mai per ritornare al Vangelo”.

La mia indicazione al mondo del volontariato e dell’Associazionismo di promuovere un progetto politico – non partitico – è quanto è sempre avvenuto nella storia del Movimento cattolico – rivendica il vescovo di Ferrara-Comacchio -: favorire la nascita dell’Opera dei Congressi per un impegno sociale nell’economia, nel lavoro, nell’ assistenza; condannare con forza i nazionalismi e i razzismi (Pio XI) e difendere l’associazionismo e la sussidiarietà (Quadragesimo Anno); sostenere la presenza dei cattolici in politica (come singoli deputati, prima, e poi come Partito popolare e Democrazia cristiana), impegnarsi nella formazione dello Stato sociale (con la Poa, Pontificia Opera Assistenza) e successivamente abbandonare il collateralismo con lo Stato per un impegno a favore dei poveri, con i nuovi suoi volti: tossicodipendenti, disabili, minori abbandonati, anziani, emigranti, immigrati, profughi e richiedenti asilo, carcerati e prostitute, con Caritas e Migrantes, unito al compito anche della denuncia di situazioni drammatiche, da qualunque parte fossero generate, ma anche di costruire nuovi progetti politici che potessero essere accolti dai partiti”.

Perego ricorda che quest’azione fu alla base della legge Merlin sulla chiusura delle case chiuse “e all’accoglienza nelle strutture ecclesiali di oltre 20.000 ragazze, ridando dignità e diritti a queste donne”, all’assistenza ai tossicodipendenti cambiando il paradigma che li voleva affidati ai manicomi anziché dar loro la possibilità di recupero con “centinaia di case realizzate da sacerdoti e enti ecclesiali – anche sul territorio ferrarese – dove 250.000 giovani hanno potuto ritrovare dignità e un futuro, spingendo la politica a fare una legge a sostegno delle ‘comunità terapeutiche’”. E, ancora, richiama alla memoria il sostegno alla legge Gozzini “nata dall’esperienza in carcere, per un’alternativa di pena, sapendo che questa educa a una vita retta, contrariamente, chi esce solo dal carcere torna ancora a delinquere: una legge per la sicurezza; sostenne e preparò con i suoi progetti la legge Basaglia, per la chiusura dei manicomi e il rientro in città e in famiglia di disabili mentali, costruendo anche esperienze di vita comune per gli adulti, anche a Ferrara”.

“Oggi – afferma Perego – la Chiesa prepara e sostiene un progetto politico sull’immigrazione fondato su quattro parole, ricordate più volte da Papa Francesco – accogliere, tutelare, promuovere e integrare – chiedendo un sistema asilo degno di un Paese democratico, la chiusura dei grandi centri che sono stati luogo di spreco e trattamento disumano, il rafforzamento di un sistema Sprar, legato a poche persone e a un percorso di accompagnamento, tutela, inserimento o rientro, con un particolare sguardo ai minori non accompagnati”.

Il vescovo usa anche la forza dei numeri, osservando che la Chiesa accoglie “oggi 30.000 persone nelle sue case e famiglie, accanto a migliaia di tossicodipendenti in comunità, centinaia di detenuti in alternativa di pena, migliaia di anziani nelle case di riposo parrocchiali e diocesane, centinaia di disabili in case e appartamenti, decine di giovani madri che grazie al sostegno dei nostri Centri di aiuto alla vita e Consultori decidono di far nascere un bambino, 500.000 persone ogni giorno nelle sue mense in Italia”.

“Questo progetto di accoglienza, tutela, promozione e integrazione – afferma con orgoglio Perego – è sostenuto dal mondo del volontariato e dall’associazionismo, ecclesiale e non, e il desiderio che diventi sempre più sistema nel governo delle migrazioni non solo è legittimo ma è anche doveroso, perché intelligente e tutela la sicurezza di tutti”.

Il vescovo riprende anche parte del discoro pronunciato durante il concerto del 4 novembre nella chiesa di Santa Maria in Vado, su su quali siano i presupposti anche per evitare migrazioni di massa che “chiedono anche l’impegno per la pace e contro gli armamenti (8 milioni di persone sono in fuga per questo), l’impegno per la custodia e non lo sfruttamento del creato (22 milioni di persone sono in fuga per questioni ambientali), l’impegno per la lotta contro la povertà di 5 milioni di persone in Italia e 800.000.000 nel mondo (a cui invece tutti i governi hanno sempre destinato briciole). A questo proposito per i progetti in aiuto ai Paesi poveri, in guerra, distrutti da calamità ambientali, per il rientro assistito, per i corridoi umanitari a tutela anche di vittime della persecuzione politica e religiosa, la Chiesa italiana, il mondo del volontariato e dell’associazionismo destina ogni anno oltre 500 milioni di euro, tre volte quello che destina lo Stato”.

Infine, una risposta che sembra diretta a chi, come gli Insorgenti, lo ha contestato per le sue parole sulla mescolanza – il meticciato – tra popoli: “Ci sono poche cose da dire, perché chiunque vede che è una realtà non solo storica, ma della società di oggi. Le persone di 200 nazionalità che oggi si incontrano in Italia stanno diventando cittadini italiani (oltre 224.000 lo scorso anno), crescono i matrimoni misti (hanno ormai superato i 500.000), i figli di genitori di due nazionalità diverse o da genitori stranieri sono già il 15% in Italia e in Emilia si arriva al 25%, le classi nelle nostre scuole sono formati dal 15% di studenti stranieri che arrivano talora ad essere il 30%, persino la Spal non è più fatta solo da giocatori italiani, tantomeno ferraresi”.

“Il mondo sta cambiando la nostra città – conclude Perego – a noi governare il cambiamento, perché il meglio dell’incontro sia al servizio del bene comune, che è la misura dell’accoglienza (è la virtù tomista della prudenza ricordata da Papa Francesco). Diversamente sarà un “suicidio” – ha usato questa parola Papa Francesco recentemente -, la morte delle nostre città, abbandonate allo scontro e a difendere una ‘razza’ che non c’è”.

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