Cronaca
23 Ottobre 2018
Termini scaduti il 20 ottobre per l'inchiesta principale, possibile l'apertura di nuovi filoni. In tribunale procede il processo sull'aumento di capitale

Carife. Le indagini sulla bancarotta si espandono

di Daniele Oppo | 4 min

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Se da un lato continuano a ritmo serrato le udienze per il processo sull’aumento di capitale del 2011 della Cassa di Risparmio di Ferrara, dall’altro si attendono le azioni della procura estense sull’indagine per bancarotta fraudolenta per dissipazione e distrazione, sulle gestioni pre-commissariamento dal 2007 al 2013, i cui termini, dopo due proroghe di 6 mesi, sono scaduti il 20 ottobre.

Da via Mentessi non ci si sbottona molto, ma ora è arrivato il momento di ‘chiudere i conti’ nei confronti dei 34 indagati (alcuni già imputati nel processo per l’aumento di capitale) con la possibilità che il numero cresca – e non di poco – a seguito dei riscontri ottenuti dalla Guardia di Finanza, che già nell’aprile scorso aveva provveduto a denunciare un centinaio di nuove ipotesi di reato. Non è improbabile, dunque, che mentre a breve partano degli avvisi di conclusione delle indagini, prendano il via anche nuovi filoni d’indagine, collegati a quello principale, nato a seguito della dichiarazione d’insolvenza della vecchia banca cittadina.

Lunedì mattina si è tenuta intanto una nuova udienza proprio nel processo sulla bancarotta derivata dall’aumento di capitale del 2011, considerato dalla procura estense, fittizio nella misura in cui ci furono sottoscrizioni reciproche con altri istituti di credito (Valsabbina e CariCesena quelle rimaste). La giornata è stata impiegata per sentire il teste Nicola Varesano in forza alla Guardia di Finanza di Ferrara, che si occupò delle indagini.

Due i ‘filoni’ su cui si sono concentrate le domande della pm Barbara Cavallo (in aula con il collega Stefano Longhi): i differenti piani industriali circolati tra Carife e la Banca d’Italia e poi la questione delle sottoscrizioni reciproche di azioni con CariCesena e Banca Valsabbina.

Le versioni circolate del piano industriale, secondo quanto affermato da Varesano, sono state quattro, tra le quali quella originale redatta dal Boston Consulting Group, quella poi approvata dal Cda e quella inviata alla Banca d’Italia nell’ambito dei controlli che poi portarono alla richiesta di aumentare il capitale.

Importante è la questione di una circolare interna a Carife, la 84 del 2011 prodotta nel giugno del 2011 a ridosso dell’avvio delle operazioni di aumento di capitale e diramata a diverse filiali e agenzie della Carife. “Gran parte del contenuto riguardava aspetti generali e legislativi – ha spiegato Varesano -. Nella circolare veniva riportato che l’aumento del capitale serviva per l’allineamento a Basilea 3, per la realizzazione del piano industriale 2011-2014 (con crescita di ricavi, efficientamento delle strutture operative) e per per confermare la vocazione locale dell’istituto”. In tutto questo, però, “Viene omesso che l’aumento era richiesto da Bankitalia”.

La circolare, ha spiegato il finanziera, era “destinata agli operatori che dovevano materialmente collocare i titoli”, ma “sulle caratteristiche degli investitori non viene riportata l’indicazione data dalla Banca d’Italia sulle persone in grado di affrontare il rischio d’investimento”. Bankitalia, come si ricorderà,  aveva indicato alla dirigenza Carife a chi dovesse essere rivolto l’invito a partecipare all’aumento di capitale: imprenditori o privati, con capacità di apprezzare il rischio e che garantisse la continuità di Carife.

L’altra parte dell’escussione testimoniale è stata dedicata al capitolo delle partecipazioni reciproche, partendo da un accenno ai precedenti rapporti tra Carife, Banca Valsabbina e CariCesena. Valsabbina nel 2011 comprò da Carife il Credito Veronese, mentre con CariCesena i rapporti erano legati alla nota questione VegaGest (che per Carife fu un vero buco nero).

Secondo quanto ricostruito dalla Finanza, nel gennaio 2011 Valsabbina e Carife si accordano per finanziare la Fondazione Carife in modo che questa possa eventualmente partecipare all’aumento di capitale acquistando, come si era impegnata di fare con Bankitalia, la parte rimasta inoptata. “Il 9 aprile 2011 Valsabbina delibera la partecipazione all’aumento capitale per 3,5 milioni di euro. Poi a settembre, visto che non si riusciva a portare a termine, Carife cerca le banche per intervenire e nasce un accordo con Valsabbina e Caricesena”.

Valsabbina alla fine aderì per poco meno di 10 milioni di euro, ma tra luglio e novembre 2011 Carife acquistò azioni di Valsabbina sia sul mercato che proprie della banca per circa 3,5 milioni di euro. Buoni, secondo la ricostruzione della Gdf, per poter poi partecipare successivamente all’aumento di capitale di Valsabbina che era riservato ai soli soci.

Caricesena, invece, “propose di sottoscrivere un prestito per recuperare il differenziale tra le sottoscrizioni”, che poi avrebbe reinvestito in Btp. Nell’operazione complessiva CariCesena sottoscrisse azioni Carife per 5 milioni di euro a seguito di una delibera del Cda del 26 settembre del 2011. Mentre Carife “investirà acquistando azioni proprie di CariCesena per un controvalore di 5 mln complessivi, a seguito di un’unica delibera del Cda e tre operazioni di acquisto”.

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