Eventi e cultura
16 Settembre 2018
Corso gremito per la proiezione de La lunga notte del '43 del regista ferrarese, al quale “presto verrà intitolato uno spazio”

Il grande cinema di Vancini riempie Martiri della Libertà

di Redazione | 3 min

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Una pellicola che buca lo sguardo, il cuore e il tempo. Sotto gli stessi mattoni che hanno visto spegnere a colpi di fucile la vita degli undici martiri della libertà, i ferraresi dei nostri tempi hanno potuto vedere e ‘vivere’ La Lunga Notte del ‘43 attraverso i ricordi del grande Florestano Vancini, a dieci anni dalla sua morte e 58 dall’uscita del film nelle sale del 1960.

Quello che allora era corso Roma, prima di diventare Martiri della Libertà, si è gremito di persone fino alla fine dello storico muretto, illuminato dai riflettori “della celebrazione – per citare il vicesindaco e assessore alla cultura Massimo Maisto – che non si esaurisce nel momento in sé, ma apre una pagina culturale, da coltivare tutto l’anno. Perché ogni volta che una nuova generazione rilegge un libro, rivede un film, o riguarda un’opera, ci trovi sempre qualcosa da trasmettere ancora”.

E il concetto della cultura e dell’istruzione come strumento per migliorare la propria vita, attuale come non mai, è sempre stata la filosofia del grande regista ferrarese, “al quale a breve intitoleremo uno spazio in città” anticipa Maisto, che in accordo con la famiglia di Vancini, non rivela troppo.

“Mio padre mi dedicava sempre molto del suo tempo – racconta la figlia Gloria, presente alla proiezione assieme alla nipote Ilaria, raccontando di lui come uomo e padre, “perché del regista ne hanno già parlato tutti molto bene”. “Mi accompagnava sempre a scuola e mi veniva a prendere, si interessava delle cose che mi riguardavano. Era un bell’uomo, tutte le mie compagne erano pazze di lui, ed è stato così anche da nonno, con le compagne di Ilaria – sorride -. Mi ha insegnato cos’è l’onestà, quella intellettuale, mi ha trasmesso l’amore per la storia, il gusto per il buon cinema. E anche l’amore per Ferrara. Un po’come se in qualche modo, fossi ferrarese anch’io”.

E a quale altro concittadino dedicare la serata se non Giorgio Bassani, che con la sua raccolta di ‘Cinque storie ferraresi’ – tra cui proprio ‘La notte del 43’ – vinse il premio Strega del ’56, quattro anni prima che Vancini partorisse la sua agognata pellicola, dal cui racconto è liberamente tratta.
Mani strette e coppie abbracciate di fronte alle scene più romantiche e ardenti con Belinda Lee, unica attrice britannica in mezzo a un cast tutto italiano, che conta Enrico Salerno nei panni del farmacista Pino Barillari e Gabriele Ferzetti in quelli dell’amante Franco Villani, che ha consumato il suo amore la stessa notte in cui i suoi connazionali hanno consumato la vita.

Quelle vite che Vancini vide stroncate sullo stesso muretto alla tenera età di diciassette anni, dopo essere stato portato assieme ai suoi compagni di scuola sul luogo dell’eccidio. E “solo un ferrarese – disse Vancini di Bassani – avrebbe saputo descrivere l’episodio così bene come è stato”.

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