Attualità
20 Maggio 2018
Mille figuranti hanno percorso il tragitto dalla "Porta degli Angeli" a piazza Municipale, dove le 8 contrade hanno inscenato gli spettacoli a corte

Armature, spade e ricevimenti: per il Palio è tempo di “Visentini” e “Casati”

di Redazione | 3 min

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(foto di Alessandro Castaldi)

di Simone Pesci

Tempo di “Nino Franco Visentini” e “Nives Casati” per le 8 contrade del Palio di Ferrara, i premi assegnati ai migliori del corteo storico e degli spettacoli a corte. Il tutto si è svolto sabato sera, prima la sontuosa sfilata – con omaggio all’astrologo e consigliere di Ercole I e Alfonso I Pellegrino Prisciani -, che ha portato i mille figuranti dalla “Porta degli Angeli” a piazza Municipale, dove dopo essersi presentati davanti all’Araldo si sono sfidati armati di lance, spade ma anche balli e ricevimenti matrimoniali.

Qui, davanti alle autorità e a una piazza non gremita al massimo, è stata come di consueto la Corte Ducale a dare inizio agli spettacoli, rappresentando il rientro in città di Borso d’Este da Roma, dove Papa Paolo II lo nominò primo duca di Ferrara. Qui Borso fu accolto da Pellegrino Prisciani, da Mastro Guglielmo da Pesaro e da una città in festa. La festa lascia invece spazio alla sommossa nella rappresentanza di San Giorgio, che sceglie di proporre la rivolta popolare del 1317, quando la gente, stanca dei continui soprusi perpetrati dal vicario papale Roberto d’Angiò scese in strada per richiamare gli Este alla guida di una città provata.

Festeggia un matrimonio San Giovanni, in uno sceneggiato che è un mix fra corteo storico e spettacolo: non quello di Harry e Meghan, ma quello fra Margherita Costabili e Bartolomeo Pendaglia, un’occasione che portò alla corte estense personaggi del calibro di Federico III di Germania che, durante il ricevimento, proclamò Borso duca di Modena e Reggio. Fra sacro e profano San Paolo, che porta un San Giorgio in versione contadino povero a combattere un drago dalle sembianze di un condottiero, sconfitto solamente dopo che il santo ha ritrovato la fede.

Le soavi melodie di Santa Maria in vado fanno viaggiare il pubblico fino alla mitologia greca, al mito di Apollo e Dafne, mentre per Santo Spirito è tempo di mascherata mitologica, più precisamente quella del 1432, organizzata dal siculo Marrasio in occasione della pace fra Milano, Firenze e Venezia. Ancora sacro, questa volta in salsa gialloblù, con San Giacomo che fa rivivere l’Annunciazione, un tema caro alla corte estense, la cui iconografia Quattrocentesca ha avuto interpreti come Botticelli e Leonardo.

Il buffone Gonnella è protagonista dello spettacolo di San Luca, nell’accadimento che vide il marchese Niccolò III mandare a morte il giullare, salvo poi graziarlo, per vendicarsi di uno scherzo che aveva visto il nobile finire nelle acque del Po per mano dello stesso Gonnella, che voleva farlo curare dalla febbre con uno spavento. La vicenda di Eco e Narciso, che dopo la morte si trasformerà in un fiore, narrata da San Benedetto chiude gli spettacoli: ora la passa alla giuria che dovrà assegnare il “Visentini” e il “Casati”.

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