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10 Maggio 2018
Mostra allestita nei locali adiacenti alla Biblioteca Laurenziana di Firenze aperta fino al 29 giugno

Voci di donne. L’universo femminile nelle raccolte laurenziane

di Redazione | 6 min

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S’intitola “Voci di donne” la mostra allestita nei locali adiacenti alla Biblioteca Laurenziana di Firenze, a cura di Maria Rita Fantoni, aperta fino al 29 giugno 2018 (catalogo Mandragora).

La biblioteca già agli inizi del XX secolo, avviò la tradizione delle esposizioni temporanee, organizzate con regolarità, allo scopo di valorizzare il patrimonio posseduto. Il prestigioso <<contenitore>>, commissionato da papa Clemente VII de’ Medici per ospitare la preziosa raccolta di manoscritti collezionata dalla sua potente famiglia, fu progettato da Michelangelo, il quale ne diresse i lavori tra il 1523 e il 1534, anche se furono Giorgio Vasari e Bartolomeo Ammannati a completarlo, qualche decennio più tardi, quando vennero incaricati dal granduca Cosimo I di proseguire l’opera, pur attenendosi ai disegni originali del maestro fiorentino. Attenta custode di un tesoro incommensurabile, la raffinata struttura ci introduce alla rassegna dedicata alla figura femminile, esaminata sia come soggetto passivo che attivo. Effettuata sui cataloghi di tutti i manoscritti, dai papiri greci fino ai carteggi novecenteschi, l’indagine ha rivelato un cospicuo numero di testi legati al mondo muliebre, molti dei quali poco studiati, se non addirittura ignorati finora e, in maggioranza, mai esposti e conservati nei fondi Ashburnham, Mediceo Palatino e Redi.

Sono stati così individuati sessantasei documenti, che vengono ora presentati in sei sezioni, all’interno delle quali sono stati ordinati seguendo il criterio cronologico delle singole protagoniste, e non sulla base della datazione dei pezzi. L’esposizione si apre con una selezione di composizioni poetiche, trattati e diari, scritti da undici donne su differenti supporti, in un ampio lasso di tempo.

Il primo esemplare, il più antico, è il frammento di una poesia composta da Saffo, poetessa greca vissuta tra VII e VI secolo a.C., conservato su un ostrakon databile al II secolo (il termine ostrakon, in greco designava la conchiglia, ma per traslato fu utilizzato per designare frammenti di terracotta usati come supporto scrittorio), sistemato insieme al pezzo più recente.

Largamente ammirata e apprezzata dai suoi contemporanei, ripresa come modello dai poeti ellenistici e, attraverso questi, dai neòteroi latini e da Orazio, divenne presto leggenda. Si fantasticò di un suo amore infelice per il bel barcaiolo Faone, che l’avrebbe portata a suicidarsi gettandosi nel mare dalla rupe di Leucade, invenzione ripresa da Ovidio (Heroides, XV) e da Leopardi (Ultimo canto di Saffo).

Ma fu soprattutto il poeta Anacreonte, vissuto una generazione dopo di lei, che, legando Saffo al tema dell’amore omossessuale (“Lesbico” o “saffico”) per i versi amorosi rivolti alle fanciulle del tiaso, contribuì ad aumentare la fama e al contempo a generare l’altalenante balletto fra secolari pregiudizi moralistici, esaltazioni di perfezione formale della sua poesia e atteggiamenti censori.

Accanto all’ostrakon è esposto un pezzo più recente, una lettera di Medea Norsa, papirologa del XX secolo. Mentre proviene proprio dall’Egitto il papiro che riporta parzialmente il poemetto la Conocchia di Erinna. Accanto, in successione, è esposto il più antico compendio medieale, di ginecologia, ostetricia e cosmesi il quale è costituito da tre trattati il Liber de sinthomatibus, il De curis mulierum, e il De ornatu mulierum: il primo tratta di problematiche ostretiche e ginecologiche, il secondo affronta questioni sia mediche che cosmetiche, l’ultimo è un trattato di cosmetica.

I tre scritti sono stati tramandati, a partire dai cataloghi delle biblioteche medievali, sotto il nome di Trotula, quella che è considerata la prima donna medico, appartenuta alla scuola medica salernitana nell’XI-XII secolo.

Segue Ildegarda di Bingen (1098-1179), una delle figure femminili più significative e sorprendenti del Medioevo. Monaca benedettina, teologa, studiosa di medicina e scienze naturali, autrice di musica e canti religiosi, fu anche grazie al suo carisma, una personalità di spicco in campo politico e religioso tanto che divenne consigliera di sovrani e importanti personaggi laici ed ecclesiastici. Il codice laurenziano a lei attribuito contiene l’opera Physica.

Il Medioevo è, anche, ben testimoniato dalla figura di Santa Caterina da Siena, autrice del Dialogo della divina dottrina, riportato da un piccolo codice miniato.

Lucrezia Tornabuoni (1421-1482), figlia di Francesco Tornabuoni e di Nanna Guicciardini, fu una delle figure femminili di spicco della Firenze del Quattrocento. Cosimo de’Medici la scelse come sposa per il figlio Piero. Gli scritti che ha lasciato, tutti in volgare, comprendono quarantanove lettere, otto laudi, una canzone, cinque poemetti sacri e un sonetto. La laude di Lucrezia esposta è Ben venga osanna, che ricorda l’entrata di Gesù in Gerusalemme.

Vittoria Colonna (1490-1547), forse la più nota dei suoi tempi, ebbe un ruolo di assoluto spicco nei cenacoli religiosi e letterari dell’epoca; nota per i rapporti di vicinanza e amicizia con i maggiori personaggi del suo tempo, dai papi all’imperatore Carlo V, raccolse intorno a sé gruppi di intellettuali che si inserivano a pieno nel vivace dibattito culturale dell’epoca.

Il codice, a lei attribuito, occupa una rilevante posizione all’interno della tradizione manoscritta della produzione poetica della Colonna, raccoglie centodue componimenti, tra sacri e profani ed epistolari: nove di questi sonetti sono però di autori diversi. La raccolta fu allestita come dono a Margherita di Angoulême, moglie di Enrico II d’ Albret re di Navarra, che ne aveva fatto richiesta suo è lo stemma che compare ad inizio pagina. A lei venne inviato per tramite di Alberto Sacrati, oratore estense in Francia; quanto il luogo di allestimento del codice, la critica non è concorde e ne ha attribuito la provenienza ora a Roma, ora a Ferrara.

Gli scritti della ritrattista veneziana Rosalba Carriera chiudono il percorso iniziale, al quale segue il settore consacrato alle autrici di epistole. Sono 14 le lettere esposte, alcune con firma autografa, quasi tutte custodite nel Carteggio Acciaioli del XIV secolo, tra cui due delle regine di Napoli, Giovanna I e Giovanna II e alcune anche nel seicentesco Carteggio Huet.

Di notevole spessore è la figura di Margherita di Martino, seguace savonaroliana, la quale, nel 1496, scrive al frate ferrarese, esortandolo a considerare una riforma delle norme che regolamentano l’abbigliamento delle fanciulle. Sono invece dedicate a regine, duchesse e marchese le opere del terzo comparto, storicamente rilevanti, come la versione del De Beneficiis di Seneca di Benedetto Varchi che reca la dedica di Eleonora di Toledo, oppure dei manoscritti legati alle donne di Casa Medici e Lorena, come Caterina o Giovanna d’Austria, sposa di Francesco I, omaggiata da un maestro comasco che, per lei, compose una piccola Grammatica, allo scopo di insegnarle l’italiano.

Le due sezioni successive prendono in esame le dame committenti, come Eufrasia de’ Lanfranchi, monaca benedettina di nobile famiglia pisana, vissuta nel Trecento, che fece realizzare un breviario di squisita fattura, e le copiste, tutte suore di conventi fiorentini ora scomparsi che eseguirono pregevoli opere. La mostra si conclude con quei personaggi femminili che, a vario titolo, hanno posseduto diversi esemplari, come i 3 codici acquistati da Maria Luisa di Spagna per essere donati alla Biblioteca nel 1806.

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