Spettacoli
20 Marzo 2018
Con il comico romagnolo nelle vesti del nonno si ride di gusto mentre racconta ai suoi futuri nipoti i tanti piccoli difetti del nostro tempo

Giacobazzi show bissa il sold out al Comunale

di Redazione | 3 min

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di Federica Pezzoli 

Giuseppe Giacobazzi ha replicato il successo del gennaio 2017 al Teatro Comunale Claudio Abbado di Ferrara: domenica sera, 18 gennaio, per la seconda volta del suo “Io non ci sarò” sulle tavole del palcoscenico estense non c’era un posto libero nemmeno nel loggione.

“Riuscirò a vedere i miei nipoti e nel caso li riesca a vedere a rapportarmi come fa un nonno e quindi a viziarli, a giocare con loro, a parlarci e raccontargli delle storie, cercando di dare consigli che non verranno sicuramente ascoltati?”.

Da qui l’istrionico comico romagnolo, trapiantato in Emilia, è partito per questo monologo, che in realtà vuole essere un dialogo a distanza con i suoi futuri nipoti e che si trasforma in una riflessione sul tempo presente e quello futuro, ma soprattutto in un… Amarcord, per restare in Romagna.

Per più di due ore Giacobazzi tenta di raccontare ai suoi nipoti, giovani del futuro, i tanti piccoli difetti del tempo presente, soprattutto quelli tecnologici a dire la verità. Dai preistorici modem 56k e floppy disk, “oggi oggetti vintage usati per lo più come sottobicchieri”, alla ‘rivoluzione’ degli smartphone, certo utilissimi, ma che hanno creato generazioni di persone “con le spalle curve e con gli occhi bassi” che non si guardano più intorno e negli occhi, fino al navigatore satellitare: “impertinente, diciamoci la verità”, “avete mai fatto caso che non fanno altro che dare ordini e che la maggior parte delle loro voci sono femminili? È come avere sempre tua moglie in auto con te!”

E mano a mano il presente comincia a intrecciarsi con il passato: vuoi mettere i nuovi social network con il mitico ‘muretto’ e ‘il bar’, vere e proprie scuole di vita. Sul muretto e al bar “ti prendevi la responsabilità di ciò che dicevi e facevi, il profilo era proprio il tuo”, non come ora, fra stalker e bullismo elettronico: allora se dicevi o facevi qualcosa di sbagliato c’era “Sandrone, pronto a elargirti certi like, con le sue mani grosse come badili, quelli sì che ti avrebbero cambiato profilo”.

Fra una battuta esilarante e l’altra Giacobazzi si cala nelle vesti del nonno e, come ogni nonno che si rispetti, parla dei ricordi della sua infanzia, degli eroi di quel mondo, del repertorio musicale che scandisce la vita di ognuno. Sullo sfondo l’immagine di una ferrovia e il tempo che passa dalla sera al giorno fatto, a simboleggiare la vita che va avanti verso quel mondo che il comico cerca di immaginare per le generazioni future.

E mentre racconta di sé stesso racconta storie che in realtà sono di tutti, rievoca ricordi di tanti in sala e riesce così a creare quella empatia con il pubblico che fa sì che più di due ore passino in un baleno e che si rida tanto e di gusto. Sia che si tratti di quella notte, mentre faceva il servizio militare come alpino, passata sull’argine a fare la guardia all’Adige a rischio esondazione, quando ha chiesto al suo comandante se nel caso il fiume si fosse alzato doveva prima intimargli l’alt o poteva sparare subito; sia che si tratti di un qualsiasi episodio della vita di coppia, narrato da entrambe le prospettive: da vero romagnolo, l’amore e il rispetto per le donne traspare comunque.

In fondo è proprio questo il consiglio nel quale forse il ‘non ancora nonno’ Giacobazzi crede di più: che il sorriso sia il modo migliore per affrontare le sfide e le cadute cui la vita inevitabilmente costringe ciascuno di noi. Comunque vada, “in quel sorriso io ci sarò”: è la promessa ai suoi futuri nipoti.

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