La Cassazione ha respinto il ricorso della procura militare di Verona e ora otto degli undici carabinieri indagati per diffamazione pluriaggravata in concorso sono stati prosciolti in via definitiva.
Il caso riguarda il filmino di un’ora, in cui i militari allora in servizio presso la caserma dei carabinieri di Comacchio si improvvisavano attori per schernire – secondo l’accusa – l’ex comandante di compagnia dell’Arma. Un lungometraggio riprodotto su dvd nel quale otto carabinieri inscenano una grottesca parodia dei protagonisti della Uno Bianca.
Nel filmato si vede la sagoma di Fabio Savi, in stile programma “Blu notte” di Carlo Lucarelli. Sul viso del cartone c’è però la faccia dell’ex comandante, paragonato così al capo della banda che a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 si rese responsabile di rapine, ricatti e omicidi, tra cui la strage del Pilastro del 1991. Coma nella trasmissione di RaiTre si sente la telefonata di Savi alla fidanzata Eva Mikula, che nella finzione rappresenta la moglie dell’ufficiale.
Il filmato poi venne trasmesso nel febbraio del 2011 durante una cena conviviale tra gli indagati, tenutasi in provincia di Rovigo. Negli spezzoni di riprese gli attori-carabinieri non risparmiano parole di fuoco contro l’ex comandante e altri tre colleghi, definiti come mafiosi e massoni e messi alla berlina per tutto l’arco del lungometraggio.
Tutti e otto i carabinieri, che per l’occasione si erano serviti di abiti civili e uniformi di ordinanza, non disdegnando nemmeno vestiti femminili e utilizzando veicoli di ordinanza e gli spazi della caserma di Comacchio, vennero indagati per diffamazione pluriaggravata in concorso dalla procura militare di Verona. Con loro il pm Massimo Di Camillo aveva iscritto nel registro degli indagati anche tre ufficiali e sottoufficiali che avrebbero assistito passivamente alla riproduzione del video senza intervenire, pur avendone l’obbligo giuridico.
Il dvd venne spedito da mano ignota all’ex comandante, che sporse denuncia facendo partire le indagini della procura militare.
Al termine dell’udienza preliminare del febbraio dello scorso anno, il gup del tribunale militare di Verona si pronunciò per otto proscioglimenti e tre rinvii a giudizio.
Per il comandante che succedette alla parte offesa arrivò una sentenza di non luogo a procedere. Mentre i tre rinviati a giudizio stanno affrontando il dibattimento, per gli altri otto militari (4 assistiti dall’avvocato Giacomo Forlani, 2 da Massimiliano Casagrande e 2 da Anselmo) la vicenda si può definire chiusa. Non però per l’avvocato Anselmo, difensore dei luogotenenti Michele Tanese e Antonio Paradiso, che non rinuncia a un duro commento: “la Suprema Corte ha definitivamente spazzato via un’indagine, incomprensibile ed ingiusta, che aveva colpito i luogotenenti Tanese e Paradiso, noti nella nostra provincia per la loro specchiata carriera e per l’importante ruolo svolto in tante delicate inchieste, a fianco di pubblici ministeri come il dott. Proto ed il dott. Stigliano, quando erano in forza alla Procura di Ferrara. Un’ inchiesta che non avrebbe mai dovuto essere avviata dalla procura militare di Verona. Sono felice per loro”.
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