Politica
29 Dicembre 2017
La Suprema Corte di Londra respinge il ricorso del Comune di Prato che si trovava in una situazione simile a quella ferrarese

Derivato Dexia, per Ferrara rischio soccombenza sempre più vicino

di Redazione | 3 min

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Il rischio di soccombenza nel contenzioso con Dexia si fa sempre più concreto per il Comune di Ferrara dopo la decisione della Supreme Court di Londra, che conferma la validità dei contratti derivati sottoscritti dal Comune di Prato e poi rescissi unilateralmente, situazione molto simile a quella del nostro Comune.

Con la decisione della Corte Suprema londinese del 18 dicembre, infatti, il contenzioso fra Dexia e Comune di Prato si è chiuso in maniera definitiva. A quest’ultimo è stato negato il permesso di presentare ricorso verso la precedente sentenza della Corte d’Appello, confermando così quanto già deciso dalla stessa “Court of Appeal”, e cioé che i contratti sottoscritti tra il 2002 e il 2006 sono pienamente validi ed efficaci e non presentano alcuno dei vizi lamentati dal Comune.

La sentenza stabilisce che il Comune di Prato dovrà versare oltre 14,5 milioni di euro dopo che la giustizia inglese ha dichiarato perfettamente validi i contratti di derivati stipulati in passato dall’amministrazione comunale e poi contestati. Medesimo discorso per il Comune di Ferrara che pose la medesima questione nei confronti di Dexia in relazione alla quale anche la nostra Amministrazione, in via di autotutela, aveva revocato i contratti medesimi in quanto ritenuti in violazione dell’art. 30 del testo unico sulla finanza locale. Esattamente come il comune toscano, l’Amministrazione ferrarese, assistita dagli studi legali AXIIS di Bologna e Seddons Sollicitors LLP di Londra, nel corso degli anni ha preso la decisione di accantonare risorse per far fronte ad un’eventuale sconfitta nella causa. Si tratterebbe di circa 8,5 milioni di indennizzo per Dexia e 2,5 milioni per il pagamento delle spese burocratiche e legali, che il Comune sta valutando di pagare in maniera frazionata tra il 2018 e il 2019 per evitare un esborso in un unico anno che con i riflessi sul patto di stabilità potrebbe causare problemi negli investimenti.

La storia del contenzioso

La vicenda Dexia iniziò nel 2002, quando la giunta Sateriale sottoscrisse per la prima volta i derivati finanziari (un’operazione ripetuta anche nel 2003 e 2005) legati all’andamento del tasso Euribor, all’epoca superiore al 6,5%. L’andamento positivo della borsa garantì al Comune di Ferrara fino al 2008 un utile di circa 135mila euro, ma la crisi finanziaria in agguato l’anno successivo trasformò lo strumento finanziario in un vero e proprio boomerang per i bilanci comunali: dopo il tracollo dell’Euribor a tassi inferiori al 4,25% il derivato (in pratica una sorta di ‘scommessa’ sull’andamento di altri strumenti finanziari, in questo caso un tasso di interesse) cominciò a rappresentare un pesantissimo costo per il Comune di Ferrara, che nei tre anni successivi fu costretta a versare oltre 800mila euro alla banca di investimento inglese.

La svolta del Comune di Ferrara e di altri 10 enti pubblici italiani (tra cui i Comuni di Prato e Pisa e le Regioni Campania e Lombardia) avviene nel 2011, quando l’avvocato Lo Jacono-Smith fonda l’Italian Desk dello Studio Seddons, che diventerà il principale – per quanto oneroso – alleato delle amministrazioni italiane nelle future battaglie legali contro Dexia. Il 30 maggio 2012 l’allora assessore alle finanze Luigi Marattin annuncia l’annullamento in autotutela del derivato, deliberato dal consiglio comunale dopo un anno di trattative infruttuose con Dexia. Tre le motivazioni tecnico-giuridiche alla base di questo atto unilaterale: i ‘costi impliciti’ (somme implicite nella valutazione dello strumento finanziario) che non sarebbero stati esplicitamente segnalati nel contratto, il contenuto del testo unico sulla finanza del 1998 (la “legge Draghi”) secondo cui chiunque sottoscriva un contratto del genere deve essere “operatore qualificato” (definizione nella quale non rientrerebbe il Comune) e, infine, perchè Dexia fu scelta senza gara o procedura comparativa ma solo attraverso un sondaggio informale. Immediata la risposta della banca di investimento, che fece ricorso al Tar e alla High Court of Justice di Londra pretendendo nel corso degli anni dal Comune (secondo gli ultimi conteggi ufficiali a nostra disposizione, del novembre scorso) una cifra quasi inaffrontabile: oltre 5 milioni di euro.

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