Carmelo Barbagallo
di Giuseppe Malatesta
“Governance fortemente inadeguate in tutte le loro articolazioni e Fondazioni strategicamente interessate a conservare un ruolo dominante”. È tranciante il parere di Carmelo Barbagallo, capo della vigilanza di Bankitalia che in commissione bicamerale d’inchiesta non esita a tacciare i vertici aziendali delle quattro banche risolte – Carife compresa – di “imprudenza e autoreferenzialità nell’agire”.
“La Vigilanza è stata incalzante: dal 2008 le ispezioni hanno riguardato equamente le quattro banche ed hanno portato a galla problemi e irregolarità tempestivamente segnalate all’autorità giudiziaria”. Difende il suo operato Barbagallo, che ricorda come di fronte agli esiti negativi degli accertamenti la Vigilanza rafforzava i controlli e sanzionava oltre 140 persone fisiche per circa 14 milioni di euro.
Ma nonostante tutto, “le risposte delle quattro banche sono state insoddisfacenti, tra atteggiamenti riluttanti a ricorrere al mercato dei capitali e ostili a soluzioni aggregative. Le autorità di vigilanza – aggiunge Barbagallo – non possono sostituirsi ai soggetti vigilati per evitare che la situazione degeneri”.
Dito puntato dunque sulle Fondazioni, in particolare nel caso di Banca Marche, CariFerrara e CariChieti, indebolite e portate al baratro da un atteggiamento ostruzionistico e dominante, “volto a preservare a tutti i costi una condizione di autonomia, anche di fronte ad una situazione sempre più critica”.
L’amaro finale della risoluzione è stato secondo Barbagallo il più indolore rispetto al bail-in e alla liquidazione coatta, “soluzioni distruttive, dalle conseguenze ben più gravi”. Tuttavia il risvolto negativo e “gravoso per azionisti, obbligazionisti subordinati e per l’intero sistema bancario” era a quel punto inevitabile.
A chi infine avanza dubbi sull’ingerenza di Bankitalia nella vicenda che lega la Popolare di Vicenza a Banca Etruria, Barbagallo smentisce categoricamente: “mai chiesto, incoraggiato né tanto meno favorito l’acquisizione”.
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