
Uno scorcio di via Rambaldi
L’incubo di via Rambaldi si sposta dalla zona Arginone alle aule di tribunale. Dove ieri mattina si è presentata alla sbarra la famiglia che ha tenuto sotto scacco il quartiere per anni: Carlo Dedoni – attualmente agli arresti domiciliari dopo aver massacrato di botte il vicino di casa – e la moglie Virginia Cerasi.
La coppia deve rispondere di vari capi d’imputazione, tra cui minacce e atti osceni. Una serie di reati assembrati in un unico processo per stalking di quartiere e atti persecutori sugli abitanti della via. Un unicum a livello nazionale che ha richiesto il rinvio a giudizio per entrambi gli imputati.
L’inferno del vicinato, scoppiato con il caso mediatico del gatto Poirot, aveva raggiunto il suo culmine lo scorso marzo quando Dedoni, il capofamiglia 64enne della ‘casa degli orrori’, picchiò a sangue il 61enne Gian Roberto Luzi davanti alla sua abitazione, adiacente a quella dell’aggressore.
Un caso di violenza già archiviato (Dedoni ha patteggiato la pena di un anno agli arresti domiciliari da scontare con il braccialetto elettronico per evitare che possa uscire dalla porta di casa senza finire in carcere) mentre per lo stalking di quartiere la storia è appena cominciata.
Luzi e l’inseparabile moglie Rita Volpi, insieme a un’altra coppia di vicini, Antonio Faedda e Cristina Vici, si sono costituiti parte civile tramite l’avvocato Patrizia Micai e sono pronti a portare in aula gli altri abitanti della via come testimoni oculari delle persecuzioni, minacce, violenze e offese che hanno subito i vicini della porta accanto. Almeno fino a gennaio 2017 (periodo di riferimento nel processo).
“Nessun patteggiamento, siamo d’accordo col pm: vogliamo una condanna” sentenzia Luzi, la vittima del brutale pestaggio, appena uscito dal tribunale dopo tre ore di udienza. Si ritorna in aula, per il rinvio a giudizio, il 18 settembre.
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