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11 Giugno 2017
Il Museo Stefano Bardini presenta fino al 22 ottobre la mostra dell’artista britannico

Glem Brown, Piaceri Sconosciuti

di Redazione | 4 min

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Il Museo Stefano Bardini presenta fino al 22 ottobre la mostra Piaceri Sconosciuti dell’artista britannico Glenn Brown a cura di Sergio Risaliti e Antonella Nesi, organizzazione Mus.e. Prendendo spunto dalla storia dell’arte e dalla cultura popolare, Glenn Brown ha dato vita a un linguaggio artistico che sfida e trascende il tempo e le convenzioni pittoriche. Le sue pulsioni manieristiche nascono dal desiderio di infondere nuova vita alla forma oltre i limiti storici. Richiamandosi a opere altrui, facendole proprie e studiandole. Brown presenta una rilettura in chiave contemporanea di immagini appena riscoperte o conclamate. Personaggi e paesaggi presi in prestito da altre opere vengono sottoposti a un lungo ed attento processo di rielaborazione attraverso il quale ognuno di essi è trasformato in una nuova immagine esuberante e ammaliante. Con le sue sofisticate composizioni, in cui diversi periodi storici e diverse correnti artistiche – quali il Rinascimento, l’Impressionismo, il Surrealismo – si vanno a fondere l’uno con l’altro, Brown crea uno spazio dove astratto e viscerale, razionale e irrazionale, bello e grottesco si confondono dando vita ad un vertiginoso amalgama di forme.

Nato ad Hexham , Inghilterra nel 66, Glenn Brown ha partecipato a numerose ed importanti mostre collettive e personali. L’artista, formatosi all’autorevole Goldsmith’s College di Londra e nel 2000 selezionato per il Turner Prize, ha un gusto tutto esuberante e visionario del citazionismo. I suoi gusti sono versatili, tra l’accademismo e il popolare, tra la mitologia classica e l’immaginario fantastico prodotto dalla letteratura fantascientifica, tra iconografia storica e opere cult dell’arte, tra l’inquieto Dalì e il raffinato francese Fragonard pittore settecentesco di suggestioni galanti, tutto passa sotto l’occhio indiscreto di Glenn Bown che con maestria pittorica ed esuberanza immaginifica si lascia ispirare e reinterpreta col sano gusto dell’ammiccamento.

Lascia cogliere l’anima dell’originale per intraprendere il suo personale viaggio nell’immaginazione. Come un sadico chirurgo plastico, Brown fa esperimenti sui tratti del volto dei suoi malcapitati pazienti. Può trattarsi di un Baselitz o di Auerbach, di un El Greco o di un Watteau, di un Dalì o di un Rembrandt; non fa differenza: tutti vengono spellati vivi e le loro pelli e i loro corpi scambianti, per creare nuove immagini e nuove identità. E l’occhio dello spettatore rimane sedotto da questa sfida alla “memory”, istillando la percezione di qualcosa di familiare, ma allo stesso tempo collaudando qualcosa di completamente nuovo. Il trucco è sfizioso: proiettare sulla superficie di un dipinto vuoto la riproduzione dell’opera scelta, che sia una pagina di libro, una cartolina, una fotocopia o un’immagine elaborata al computer. Dopodichè inizia il selvaggio abbellimento.

Descrivendo la sua pratica di lavoro in un’intervista, Brown ha dichiarato: “Sono un po’ come un dottor Frankenstein. Con la costruzione di quadri di avanzi o di parti morte del lavoro di altri artisti spero di creare un senso di estranietà, riunendo esempi del modo migliore con cui artisti storici o moderni hanno descritto il loro senso personale del mondo che vedono, oppure i loro mondi ripresi da schizofreniche prospettive, attraverso tutti i loro occhi e le loro fonti d’ispirazione suggeriscono cose che non avrei mai normalmente visto. (rocce che galleggiano in lontane galassie, per esempio, o un vaso di fiori in una camera del 18º secolo, o un bambino in costume di carnevale). Ѐ da quelle finzioni che prendo la materia come soggetto. Le scene possono essere state relativamente normali per Rembrand, ma dato il tempo trascorso e la differenza di cultura, per me sono fantastiche”.

Glenn Brown è un artista rococò impazzito e decadente ma eccezionale. La corruzione della storia dell’arte è una perenne fonte di malinconia romantica, come quella dell’austronauta abbandonato nello spazio, consapevole che la bellezza e il silenzio dell’universo avranno presto fine, o perdureranno in eterno senza un vero scopo, perché quest’ultimo non può essere comunicato agli altri individui, troppo distratti dalla banalità della vita e dal proprio universo privato.

La presenza delle opere di Glenn Brown a Firenze va a testimoniare e confermare il ruolo di primissimo piano che la città riveste nell’ambito della promozione dell’arte contemporanea. Esponendo le opere di Brown accanto a quelle appartenenti alla famosissima collezione di Stefano Bardini, celeberrimo antiquario e collezionista d’arte del XIX e primo XX secolo, si offre al pubblico l’opportunità di ammirare importanti lavori d’arte visiva prodotti da uno dei protagonisti del panorama artistico contemporaneo presentati fianco a fianco a opere del passato, andando così a creare un’affascinante giustapposizione per aprire un rinnovato discorso artistico. Il Museo Bardini ospita nelle sue sale numerosi capolavori dell’arte medievale e rinascimentale tra cui la Carità di Tino di Camaino e la Madonna dei Cordai di Donatello, il Crocifisso di Bernardo Daddi, il San Michele Arcangelo del Pollaiolo e l’Atlante del Guercino oltre a straordinari disegni del Tiepolo e del Piazzetta. La mostra di Glenn Brown si compone di oltre una trentina di opere, tra cui dipinti, disegni e sculture, alcune delle quali realizzate appositamente in occasione della mostra fiorentina.

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