
Un tratto di Ferrara-Mare
Domenica 28 maggio c.a. mi sono trovata sulla superstrada Ferrara-Mare (direzione Ferrara) proprio poco dopo l’avvenuto tamponamento riportato poi dalla cronaca locale.
Premetto che quanto sto per scrivere non ha nulla di paragonabile a quello che hanno vissuto le persone coinvolte nel tamponamento, sia da un punto di vista fisico, economico e psicologico.
Mentre a passo d’uomo proseguivamo lungo la super, senza assolutamente sapere da dove avesse inizio la “coda” e quale ne fosse la causa, ho riflettuto sul fatto che quella strada era rimasta esattamente la stessa di 50 anni fa.
Era ancora quella di quando si partiva con la fiat 500 in direzione mare, con il frigo contenente il pranzo, l’ombrellone e la tenda che ricopriva l’ombrellone e fungeva da spogliatoio.
Esattamente la stessa strada!
Se da una parte frigo, tenda, ombrellone mi evocavano un bel ricordo, dall’altra la rabbia che una strada sia ancora esattamente come 50 anni prima ha il sopravvento.
Un percorso vecchio e sgangherato che non consente alcuna velocità di soccorso, nessuna area di sosta nel caso una persona avesse necessità di fermarsi, nessuna area ristoro, nessuna segnalazione …. esattamente come 50 anni fa.
Non posso parlare di illuminazione notturna perché non esiste!
Penso ai commercianti che investono cercando di far si che i nostri Lidi diventino veramente un polo d’attrazione turistica e al collegamento stradale (pubblico e privato) che non è mai stato potenziato o sviluppato. Mentre Ferrara pensa ad un turismo fluviale, si perde il litorale.
Non mi ripaga il fatto che “non ci sono più soldi”. Io le tasse le ho sempre pagate. Pretendo quello che mi spetta.
Lo scorso anno sono stata ad Amsterdam ed era un piacere passare dal caotico centro-città alla tranquillità della periferia, meta di week-end olandesi.
Nulla di paragonabile al nostro collegamento.
Così la rabbia la giro a tutti quelli che leggeranno queste mie poche righe, sperando sia contagiosa e che se un proverbio che dice “tanti pochi fanno assai”…… che “tanti assai” piano piano cambino le cose.
Marcella Mascellani
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