Cronaca
19 Aprile 2017
Riconosciuto solo il danno patrimoniale per il bando per l'installazione di sistemi di sicurezza pubblicato a causa dell'omicidio

Tartari. Nessun risarcimento per il danno all’immagine della città

di Daniele Oppo | 3 min

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Sì al riconoscimento del danno patrimoniale inferto al Comune ma non a quello d’immagine sofferto dalla città per l’omicidio di Pierluigi Tartari. È quanto si legge nella sentenza della corte d’assise di Ferrara che condanna Patrik Ruszo e Constantin Fiti all’ergastolo.

I giudici riconoscono pienamente le ragioni della famiglia Tartari (i fratelli Marco e Rita, rappresentati dall’avvocato Eugenio Gallerani) tanto da stabilire una provvisionale da 150mila euro ciascuno (oltre alle spese) ma solo in parte quelle del Comune, costituitosi parte civile tramite l’avvocato Giacomo Forlani.

Nel dettaglio, la corte afferma che è dimostrato “che l’omicidio, ma ancor prima la sparizione di Tartari Pierluigi, provocò notevole allarme sociale“, tale da indurre la Giunta comunale, “su pressione della cittadinanza”, a deliberare un contributo pubblico per l’installazione di sistemi di sicurezza e antintrusione. I giudici non liquidano il danno perché al momento della pronuncia non erano ancora noti i rendiconti della partecipazione al bando: si sapeva solo che molti cittadini avevano risposto ma non c’era ancora il conto delle fatture. Per questo si dovrà attendere un processo civile.

Questo è comunque “un danno patrimoniale risarcibile, poiché la spesa da parte del Comune sarebbe stata evitata, qualora non fosse accaduto l’evento allarmante costituito dall’omicidio”.

Situazione ben diversa invece per i danni non patrimoniali – sui quali comunque il legale che rappresentava il Comune ha insistito poco, conscio della difficoltà di veder accettata la richiesta – considerati non risarcibili, “poiché il Comune, quale ente amministrativo, non rappresenta la collettività dei cittadini se non per le materie amministrative di sua competenza, e non è dunque legittimato ad agire per il risarcimento dei danni morali (che consisterebbero nella specie nella preoccupazione ed insicurezza dei cittadini). Inoltre – proseguono i giudici – non è prospettabile che la città di Ferrara abbia sofferto un danno all’immagine per i reati commessi dagli imputati”. Questo perché “reati di violenza sono commessi frequentemente in tutto il territorio nazionale” e dunque “non è sostenibile che il delitto, per quanto crudele […] abbia ‘diffuso in tutto il territorio italiano l’immagine di una città in preda alla criminalità violenta e all’insicurezza sociale'” come invece sosteneva il Comune nell’atto di costituzione come parte civile.

Una situazione del genere, sostengono ancora i giudici, si sarebbe potuta “forse ipotizzare” nel caso in cui si fossero “succeduti nella stessa località una pluralità di crimini sanguinosi particolarmente efferati come quello in esame”, ma non è detto, perché “anche in tale caso il danno all’immagine dovrebbe essere provato attraverso la dimostrazione delle conseguenze che ne sono derivate (ad esempio: diminuzione di turisti, calo delle prenotazioni alberghiere, disdetta di eventi fieristici, etc.). Di tutto questo non è stata offerta alcuna prova, ma invero – precisano i giudici – difetta anche una precisa allegazione”.

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