“Famo sto stadio!” E via agli osanna rivolti al magico Totti. Il capitano imbottito di soldi. Ma il progetto dello stadio da oltre 900.000 m3 (metri cubi) di nuovo cemento, occupa solo il 14 % dell’investimento totale che serve a costruire la cittadella con torri alte 200 metri e indefinibili centri direzionali.
Ecco! Potremmo raccontate qualcosa anche noi ai romani a proposito dei centri direzionali. Ne abbiamo due mai usati e in malora. E dietro il primo chi c’è? Il Gruppo Parnasi! Ma dai quelli di Roma? Sì proprio coloro che hanno rilevato nel 2002 il catastrofico Palazzo degli Specchi (messo in liquidazione dal fallimento della egregia Società Estensi di Gaetano Graci in odore, quasi puzza di mafia) e da anni non ne fanno nulla, nemmeno la ordinaria manutenzione, nonostante le iper agevolazioni comunali. Ora questi signori Parnasi in sinergia con Unicredit (ma dai una banca? Ma si proprio una banca!) spingono per la nuova speculazione romana.
Tutti gli urbanisti di maggior fama lottano contro lo scempio del territorio, mettono in luce l’inadeguatezza dell’area, una fragile ansa del Tevere a rischio allagamento, la scarsità di collegamenti, insomma una serie di ragioni logiche e sensate per non procedere. Ma nemmeno la giunta pentastellata sembra avere la forza di respingere quello che, attaccato al richiamo dello stadio, si trasforma invece in un enorme presunto business palazzinaro o in un probabile riciclo di denaro sporco.
A rimetterci l’unica voce indipendente e veramente competente della Giunta, l’architetto Paolo Berdini, non interessato al facile consenso che domina incondizionatamente le azioni di governo politico di qualsiasi orientamento. Dalla piccola Ferrara alla grande Roma, chi mette in discussione la creazione di un nuovo stadio o il suo ampliamento è considerato un antisociale e anti-progresso, e quantomeno retrò. Come se oggi fosse il tempo dell’espansione e della crescita per le nostre città e il nostro Paese.
Il grande dogma acchiappa consenso – il calcio – non si tocca in Italia e a quel carro s’aggrappano le peggio nefandezze. La lista di scempi dei mondiali ’90, non è servita a niente in questo Paese, la cui progettazione urbanistica a dispetto dei PRG viene lasciata nelle mani degli interessi privati spesso sostenuti dai soldi pubblici.
Conquistare consenso reale non è facile oggi, di fronte alla gestione della mole di disastri combinati a livello ambientale, paesaggistico, economico, finanziario, sociale.. ed ecco, non restano che gli stadi! La triste parabola della giunta Raggi sta dimostrando questo, per recuperare il consenso perduto tra le mille trappole dell’amministrazione romana ci si rassegna al “Famo sto stadio”.
Roma- Ferrara, più in piccolo, dove senza alcuna esitazione si è fatto confluire sulla promozione della squadretta locale il futuro sviluppo della città, che pare perfino intravedersi ben più luminoso in vista di un’ ulteriore promozione. Come se il mondo del calcio non fosse esso stesso lo stigma di un mondo deteriorato dalla corruzione, dall’interesse personale e dall’ingiustizia sociale. Parola desueta per i più quest’ultima, anche ahimè, per coloro che il mondo dorato della ricchezza sono costretti a inventarselo dietro l’illusione di una slot machine.
Anche a Ferrara 1.689.000 euro sono stati stanziati dal Comune, cioè soldi anche miei che in uno stadio non entrerò mai, per fare l’adeguamento dell’impianto alla serie B. Ora si stanno cercando altri 8 milioni di euro, in vista della serie A, per adeguare la gradinata e la curva est e speriamo senza abbattere altri alberi.
Soldi che non si trovano per sistemare le strade che calpestiamo tutti, che non si trovano per mettere in sicurezza le scuole o per fornirle di impianti di riscaldamento adeguati, ma è chiaro che una città con belle strade e belle scuole tira di meno di una città con una grande stadio per una grande squadra.
Abbiamo creato un popolo di tifosi? E mo’ famo sto stadio!
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