Cronaca
27 Ottobre 2015
Il professor Zamboni presenta i promettenti risultati dell'esperimento al convivio del Panathlon

Drain Brain, dietro le quinte della missione spaziale

di Elisa Fornasini | 3 min

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Paolo Zamboni insieme al suo team di ricercatori e ai rappresentanti del Panathlon

Paolo Zamboni insieme al suo team di ricercatori e ai rappresentanti del Panathlon

A un anno dall’esplosione del razzo Antares che conteneva lo strumento Drain Brain, Paolo Zamboni ripercorre le tappe salienti dell’esperimento che si è rivelato “a prova di bomba”. Il chirurgo vascolare di fama mondiale, direttore del Centro Malattie Vascolari dell’Università di Ferrara e responsabile della ricerca sull’insufficienza venosa cronica cerebrospinale nella sclerosi multipla, è stato l’ospite d’onore del convivio del Panathlon Club di Ferrara. La presidente Luciana Boschetti Pareschi, affiancata dai vicepresidenti Giorgio Rambaldi e Gabriele Manservisi e dal governatore dell’Area 5 Giorgio Dainese, ha accolto il professore (suo studente al liceo classico) lunedì sera all’Archibugio per una cena conviviale dall’alto profilo scientifico.

L’incontro, intitolato “In volo con Samantha fuori e dentro le quinte”, era appunto dedicato all’esperimento scientifico condotto in orbita da Samantha Cristoforetti. Come è noto, la prima astronauta italiana ha collaborato con Zamboni e il suo team (presenti alla cena il project manager Angelo Taibi e i ricercatori Erica Menegatti, Anna Maria Malagoni e Mirko Tessari) per portare nello spazio il pletismografo messo a punto da Unife. Lo scopo era quello di studiare il riflusso del sangue dal cervello in microgravità per migliorare le scarse conoscenze sulla fisiologia umana del ritorno venoso cerebrale in condizioni straordinarie e per realizzare un nuovo strumento diagnostico che possa essere utilizzato da pazienti affetti da malattie neurodegenerative. Un sogno che sta diventando realtà.

Un momento della cena

Un momento della cena

“Questa sera vi racconto la favola di un gruppo di ricerca di una piccola università che riesce a partecipare a una missione spaziale della Nasa” annuncia Zamboni che ringrazia Cristoforetti, “una donna di uno spessore fuori dal comune”, per il suo prezioso contributo alla scienza. “I medici si occupano dello spazio perché rappresenta la possibilità dell’uomo di sostenere il pianeta ma non sono mai riusciti a indagare bene gli effetti dell’assenza di gravità sulla salute degli astronauti. La nostra scommessa è stata quella di realizzare delle strumentazioni che potessero essere trasportabili per darci a distanza dei parametri relativi all’apparato cardiovascolare, in particolare sul ritorno venoso del sangue dal cervello al cuore. Capire come funziona il ‘viaggio’ del sangue nell’asse cuore-cervello è fondamentale per la vita degli astronauti. Drain Brain ci ha insegnato che in orbita il sangue scorre più lentamente e che il meccanismo del respiro è un potente attrattore, più che sulla Terra”.

Una scoperta molto promettente che apre ulteriori scenari e sviluppi anche per chi ha ‘i piedi per terra’. “La linea su cui dare fuoco alle polveri è l’applicazione dei risultati spaziali anche per problemi terreni – rivela il ricercatore ferrarese – sviluppando queste conoscenze nell’ambito della telemedicina. La possibilità di analizzare a distanza decine di parametri in maniera semplice e non invasiva, consentirebbe ai pazienti di essere in comunicazione con gli esperti anche in situazioni disagiate o di emergenza. Il progetto, già proposto al Ministero della Salute, è risultato uno dei migliori in Italia e probabilmente riceveremo i finanziamenti entro la prossima primavera. Dopo partiremo con questa nuova avventura che permetterà ai medici di tenere monitorati i pazienti anche da lontano”.

Certo, a molti può sembrare fantascienza, ma Drain Brain ci ha insegnato che tutto è possibile. Come ritrovare la strumentazione intatta dopo l’esplosione di un razzo orbitale alto 42 metri e pesante 240 tonnellate che sembrava aver mandato in fumo il lavoro di anni. E, ancora più incredibile, è stata una sarta ferrarese a salvare il pletismografo, ricucendo a mano la valigetta che lo conteneva. Una piccola storia nella storia raccontata in un cortometraggio realizzato dallo stesso Zamboni e proiettato durante la serata. Il professore ha poi risposto alle curiosità dei soci del Panathlon Club di Ferrara che si ritroveranno il 20 novembre per eleggere gli organi statutari.

IL CORTOMETRAGGIO REALIZZATO DA ZAMBONI

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