Il testimone conferma davanti ai giudici tutte le sue accuse al vecchio amico Salvatore di Salvatore, il funzionario Acer che dal 2007 al 2012 avrebbe preteso soldi dai titolari delle ditte edili per non rallentare l’iter burocratico dei cantieri. A parlare in tribunale è il testimone chiave dell’intero processo, Filippo Dianti, l’imprenditore che per primo denunciò alla guardia di finanza il presunto – almeno per il momento – sistema concussivo che vigeva all’interno dell’Agenzia Casa Emilia Romagna.
La testimonianza di Dianti dura oltre quattro ore, il tempo necessario per ripercorrere tutte le tappe fondamentali dell’inchiesta e rispondere alla pioggia di domande provenienti da pm, giudici e avvocati. Non mancano infatti gli aspetti da chiarire nell’inchiesta che vede accusati, oltre a Di Salvatore, i due piccoli artigiani accusati di corruzione Marcel Danu e Melazim Albrahimi, e che ha già portato alle condanne in patteggiamento dei due dirigenti Acer Luca Rivelli e Ruggero Sinigaglia. I principali sono legati alle tempistiche, visto che Dianti denunciò la presunta concussione in atto dal 2007 negli uffici Acer solo nel 2012, dopo che un controllo fiscale della guardia di finanza fece emergere alcune irregolarità contabili nella sua azienda. L’imprenditore descrive quindi una clima di timore per gli imprenditori sottoposti – secondo l’accusa – ai ricatti dei funzionari, pronti a mettere in atto “comportamenti vessatori” per chi usciva dal sistema che sarebbero andati al di là delle semplici richieste economiche e che avrebbero comportato continui ritardi e contestazioni per le imprese.
Una situazione che Dianti racconta di aver “tollerato per necessità professionali”, anche di fronte ai favori di vario genere richiesti da Di Salvatore, come il far accompagnare in automobile al lavoro una donna con cui il funzionario Acer intratteneva una relazione e alla quale aveva trovato un’occupazione all’interno dell’agenzia. Tutte tesi che vengono sottoscritte in toto anche da uno dei suoi dipendenti e principali collaboratori, anch’egli presente ad alcuni incontri con Di Salvatore e che si occupò in prima persona dei compiti da ‘autista’ improvvisato. Il tutto fino al momento in cui Dianti, dopo essersi consultato con un amico maresciallo dei carabinieri (che verrà ascoltato nelle prossime udienze in qualità di testimone) che gli suggerì di rompere gli indugi e denunciare i fatti alla guardia di finanza.
Secondo le accuse della procura, l’imprenditore nel 2007 avrebbe versato una prima mazzetta da 13mila euro, quindi in altre 15-20 occasioni, fino al settembre 2012, altre somme da 1.000 a 1.500 euro. Un paio di volte cercò di opporsi al “sistema”, sospendendo i pagamenti, anche per difficoltà economiche, e trovando ogni volta un funzionario pronto a ostacolare l’attività con contestazione dei lavori, oppure prospettando un mancato riconoscimento di somme in contabilità sui lavori stessi, costringendolo di fatto a riprendere i versamenti delle mazzette.