Cronaca
26 Febbraio 2015
Le parti civili chiedono un inasprimento delle pene per gli ex manager, ma il punto fondamentale resta la 'gerarchia' tra creditori

Coopcostruttori, la ‘doppia battaglia’ dei soci

di Ruggero Veronese | 4 min
coop

Un’immagine del processo di primo grado a Ferrara

Riprende con le richieste delle parti civili il processo d’appello sul crac Coopcostruttori, il colosso dell’edilizia fallito nel 2003 lasciando un buco da oltre un miliardo di euro, secondo solo a quelli causati da Parmalat e Cirio. Parti civili tra cui compaiono i circa 500 soci minori che affidarono i propri risparmi alla cooperativa argentana, e che ora cercano disperatamente di recuperare almeno una parte dei propri capitali prosciugati dal fallimento.

Non stupisce quindi che gli avvocati delle parti lese abbiano puntato su due aspetti distinti: da un lato rimettere in discussione la sentenza dei giudici di primo grado, giudicata troppo benevola verso gli imputati (il presidente Giovanni Donigaglia fu condannato a 4 anni e mezzo, contro i 12 ora richiesti dalla procura di Bologna), dall’altro ottenere una garanzia sui futuri risarcimenti; discorso in cui entrano in gioco le ‘gerarchie’ tra creditori privilegiati e chirografari.

Partiamo dal primo aspetto: secondo l’avvocato del Codacons Bruno Barbieri (che segue circa 300 ex soci) la sentenza di primo grado fu notevolmente ‘alleggerita’ per via delle considerazioni dei giudici ferraresi, che decretarono l’assenza di nesso causale tra il falso in bilancio e il successivo stato di dissesto dell’azienda. Le motivazioni della sentenza sostenevano infatti che probabilmente e presumibilmente le banche avrebbero continuato a dar credito alla cooperativa anche se i bilanci non fossero stati falsificati, grazie ad appoggi politici e alla dimensione dell’azienda. Un punto contestato da Barbieri, secondo cui “il problema della Coopcostruttori è maturato dal ’97 in poi e se i soci, veri proprietari della cooperativa, avessero saputo del falso in bilancio e del vero stato dell’azienda avrebbero cambiato organigramma e operato altre politiche aziendali e industriali: condizioni necessarie per salvare la coop ma che in realtà non furono fatte”.

Dello stesso avviso gli avvocati ferraresi Carmelo Marcello e Claudio Maruzzi, che hanno fortemente contestato le motivazioni della sentenza ferrarese poichè “pur riconoscendo in modo netto la falsità dei bilanci a partire dal 1994 – spiegano i legali -, che ha consentito le fraudolente emissioni di Apc e il reperimento di risorse finanziarie attraverso lo sconto di fatture irregolari, oltre che ulteriori enormi finanziamenti bancari, ha inopinatamente negato il collegamento di questi reati con il dissesto”.

Discorso a parte, e forse ben più complicato, è quello relativo alla gerarchia tra creditori, che alla luce dell’enormità dei debiti e dei possibili risarcimenti da versare accumulati da Coopcostruttori rischia di trasformarsi in uno vero scontro tra parti civili: basti pensare che le 300 persone assistite dal Codacons chiedono circa 30 milioni di euro e gli otto clienti di Maruzzi, tra rivalutazioni e interessi, puntano a 800mila euro. Ma in fila per chiedere il conto ai curatori fallimentari sono preceduti da tutti quelli che la legge chiama ‘creditori privilegiati’: ex fornitori della cooperativa, enti pubblici (Inps e Inail), istituti di credito e addirittura – paradossalmente – alcuni degli attuali imputati, che ancora vantano crediti nei confronti della società argentana in virtù dei loro vecchi compensi da amministratori.

“Allo stato attuale – commenta Barbieri – chi prenderebbe i soldi sarebbero proprio le persone alla sbarra, ammessi come ex dirigenti al passivo del fallimento: per assurdo dovrebbero pagare i risarcimenti e intanto incassarli”. Motivo per cui il legale del Codacons ha richiesto risarcimenti a parte per gli ex soci della coop rispetto a quelli riconosciuti alla curatela fallimentare, in modo da evitare che l’eventuale flusso di denaro dei risarcimenti venga completamente ‘prosciugato’ dai creditori privilegiati prima di arrivare agli ex risparmiatori.

“Stiamo facendo di tutto – commentano gli avvocati Maruzzi e Marcello -, con grande determinazione, per fare in modo che la giustizia restituisca dignità alle vittime del crac della Coopcostruttori, affinchè possa trovare risposta la loro sacrosanta aspettativa di recuperare quanto investito, solo per effetto dell’inganno consumato a loro danno. E abbiamo chiesto che questo diritto sia riconosciuto direttamente a loro senza il tramite della amministrazione straordinaria. Il “vivere nella crisi” si è rivelato il “manifesto dell’inganno” e l’annuncio della fine della cooperazione, oltre che una strategia annunciata tesa a falsificare i bilanci attraverso il ricorso fraudolento alle riserve tecniche, prima che se ne manifestassero i presupposti. E chi doveva controllare ed intervenire (sindaci e revisori in primis), scientemente non lo ha fatto”.

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