Economia e Lavoro
20 Gennaio 2015
Record negativo alla coltura della carota, positivo l’andamento del grano duro

Bilancio negativo per l’agricoltura ferrarese

di Elisa Fornasini | 3 min

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OIl segno meno la fa da padrone nel bilancio dell’annata agraria 2013-14 in provincia di Ferrara. Le prime stime relative all’ultima annata agraria, infatti, riportano dati complessivamente negativi su diverse colture praticate nel territorio estense. La coltura che ha avuto il peggiore andamento nel 2014 è stata la carota con un calo del 70% della produzione lorda vendibile ad ettaro (plv/ha), del 66% della plv provinciale e del 74% del prezzo unitario. Andamento decisamente positivo, invece, per il grano duro che ha registrato un incredibile incremento dell’86% della plv/ha, del 103% della plv provinciale e del 13% del prezzo unitario. Questi sono solo i due casi estremi di un quadro generale decisamente non positivo: crisi economica, clima e volatilità dei mercati, sono i principali responsabili di una flessione pressoché generalizzata del settore primario estense.

“I dati sull’andamento dell’agricoltura ferrarese non ci danno grande conforto – ammette il vicepresidente della Provincia Nicola Rossi – perché, nonostante sia il settore che meno di altri risente della crisi economica, risente dell’andamento climatico anomalo sia in primavera sia in estate, che è stata troppo fredda ed eccessivamente piovosa. Ad aggravare la situazione hanno contribuito i bassi prezzi di mercato, ormai determinati su scale nazionali, e l’aumento dei costi di produzione, che ha portato i conti aziendali in rosso in molti settori. Gli agricoltori, quindi, hanno subito le anomalie climatiche, che hanno depresso i prezzi delle produzioni ortofrutticole, e le conseguenze negative della volatilità sempre più spinta dei mercati”. Nella criticità della situazione, però, il vicepresidente provinciale apre uno spiraglio di speranza dato dalla mobilità degli enti locali nel riassetto istituzionale.

“Il presidente Stefano Bonaccini – spiega Rossi – ha annunciato che la delega dell’Agricoltura tornerà presto in Regione. Questa operazione porterà svariati vantaggi: innanzitutto permetterà di avere un’attenzione diretta al comparto e darà più possibilità di attingere ai fondi europei e, in secondo luogo, Ferrara potrà giocare un ruolo da protagonista in un futuro di aree vaste, essendo già fra le province tradizionalmente agricole più forti in Emilia-Romagna. Abbiamo intelligenze e prodotti con cui dobbiamo rimanere in prima fila nel settore agricolo – chiosa Rossi -: non possiamo permetterci di perdere delle opportunità perché sarebbe l’inizio della fine”. Una prospettiva dai contorni positivi che deve ancora ‘maturare’: occorrerà vedere tempi e modi coi quali prenderà corpo l’operazione, ma intanto i diretti interessati a questo annuncio sono la cinquantina di dipendenti che in Provincia svolgono attualmente questa funzione.

A presentare la situazione agricola in cifre è Renato Finco, responsabile del settore Agricoltura sostenibile, caccia e aree protette della Provincia, insieme Sandro Corradi. “Il valore generale è attestato al meno 3% della produzione lorda vendibile (in sostanza la ricchezza prodotta) rispetto al 2013, arrivando a 558 milioni nel 2014 contro i 576 milioni nel 2013. Un dato negativo che raggiunge un calo 10% nel confronto tra le diverse agricolture nel plv provinciale. Oltre al record negativo della coltura della carota (-70%) si contano i cali del plv/ha della fragola (-40%), del pero (-35%), del melone (-34%), del cocomero (-32%), delle nettarine (-21%), del pesco (-17%), dell’erba medica (-17%) e del melo (-12%). Non mancano però segni positivi: oltre al record positivo del grano duro (+86%), si conta l’aumento del riso (+35%), dell’asparago (+30%), del radicchio (+19%), del pomodoro (+15%), della soia (+14%), del grano tenero (+12%), della bietola (+8%) e dell’aglio (+2%). Il valore del segno meno troneggia anche nella dinamica dei prezzi, tenuto però conto, come ribadito da Finco e Corradi, che essi sono ormai determinati su scale nazionali o addirittura nei grandi mercati mondiali. Un problema strutturale che deve essere risolto per salvaguardare il made in Italy e, in questo caso, il made in Fe.

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