Cronaca
21 Novembre 2014
Le motivazioni della sentenza non convincono le parti civili: "Sono conclusioni contradditorie, valutiamo l'appello"

La fonderia inquina ma non ci sono colpevoli

di Redazione | 3 min

tribunaleSi era concluso con due assoluzioni il processo sulle esalazioni fastidiose prodotte dalla Fonderia Tfc di Vaccolino che avevano causato vari disagi ai residenti del circondario che avevano denunciato il problema alla procura di Ferrara. Dopo trenta giorni dalla sentenza il giudice ha depositato le motivazioni dove viene spiegato perché pur riconoscendo “al di là di ogni dubbio” il fatto oggettivo legato all’esistenza delle esalazioni e ai disturbi provocati ai residenti i due imputati non sono stati ritenuti penalmente responsabili.

Secondo il Tribunale, Bruno Marfisi e Romeo Di Loreto (quest’ultimo, per la verità, già ‘discolpato’ dal Pm perché subentrato in ruolo con poteri decisionali per poco tempo) non possono essere condannati per via della mancanza dell’elemento soggettivo del reato (dolo o colpa)  in quanto avrebbero dimostrato a più riprese di avere attuato le migliorie tecniche per evitare o ridurre i problemi dei cittadini. Marfisi e Di Loreto sono così stati assolti entrambi perché il fatto non costituisce reato.

Una interpretazione, quella del giudice, contestata dagli avvocati Carmelo Marcello e Claudio Maruzzi, rappresentanti delle parti civili nel processo. “Il Tribunale – spiegano – ritiene pienamente dimostrato che la Tfc Galileo ha inquinato, emettendo nell’ambiente sostanze chimiche oltre i limiti della normale tollerabilità, tra il 2011 e l’aprile 2013. Ha ritenuto pienamente dimostrato che queste molestie olfattive sono da attribuirsi, sotto il profilo materiale, agli imputati e che le stesse hanno recato notevoli sofferenze e disagi per periodi prolungati alle parti civili da noi rappresentate. Ha ritenuto che a nulla rileva il fatto che l’attività industriale fosse autorizzata dalla Provincia. Ha riconosciuto l’onestà e la lealtà del comportamento delle parti civili che hanno semplicemente rivendicato il diritto a vivere in pace, in un contesto salubre, senza mai pretendere la chiusura dell’impianto, ma chiedendo che l’azienda si dotasse delle tecnologie idonee ad eliminare le immissioni nocive (odori e rumori) e documentando in modo certosino, la reale situazione giornaliera delle immissioni, non tacendo i periodi “di quiete”, situazioni peraltro in parte non slegate dalla riduzione della produzione.Tuttavia – proseguono gli avvocati – il Tribunale ha assolto gli imputati non ritenendoli penalmente responsabili delle immissioni per carenza di prova dell’elemento soggettivo del reato. Ciò in quanto gli stessi avrebbero dimostrato di avere attuato le migliori tecnologie per evitare le immissioni”. “Secondo il Tribunale, inoltre, non sarebbe esigibile che la ditta cessi la produzione solo perché quel tipo di lavorazione richiederebbe necessariamente, per una parte di essa, l’utilizzo di resine non totalmente neutralizzabili quanto alle ricadute sull’ambiente. Riteniamo tali conclusioni contraddittorie rispetto alle premesse, per cui stiamo valutando assieme ai nostri assistiti di proporre appello”.

Marcello e Maruzzi rilevano, infine, che “al di là dell’esito del processo penale, occorre dare atto che, senza la assidua opera di denuncia e sensibilizzazione operata dai nostri assistiti in questi anni, che hanno di fatto spinto l’azienda ad adottare misure di salvaguardia della salute e dell’ambiente, le condizioni ambientali del territorio avrebbero potuto subire un deterioramento con conseguenze negative anche per i lavoratori della stessa azienda”.

 

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