3 Giugno 2014
La scoperta compiuta in collaborazione da Unife e Università di Padova

Un pesce cieco che sa contare al buio

di Redazione | 2 min

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Photo credit Luca Scapoli

Photo credit Luca Scapoli

Il suo nome è Phreatichtys andruzzii ed è un pesce cieco capace di contare. La sorprendente scoperta è stata compiuta grazie agli studi scientifici condotti in collaborazione tra il Dipartimento di Scienze della vita e biotecnologie dell’Università di Ferrara e il Dipartimento di Psicologia Generale dell’Università di Padova, recentemente pubblicati nella prestigiosa rivista scientifica “The Journal of Experimental Biology”.

Già soggetto di precedenti ricerche di Unife, il pesce ipogeo Phreatichtys andruzzii rappresenta un modello ideale per capire diversi aspetti dell’evoluzione animale in ambiente sotterraneo. Dopo la sorprendente scoperta dei nostri docenti e ricercatori dell’esistenza di un orologio biologico circadiano in questo pesce, che, nonostante la mancanza di occhi, riesce a sincronizzare i propri processi fisiologici col ciclo di rotazione della Terra scandito dal giorno solare di 24 ore, i nuovi esperimenti compiuti con gli scienziati di Padova hanno dimostrato la sua capacità di contare.

Nonostante i pesci in generale non siano particolarmente rinomati come animali dotati di grande intelligenza e memoria, essi sono capaci, come afferma Christian Agrillo dell’Università di Padova “di processare numeri sia piccoli che grandi con prestazioni simili a quelle già descritte negli uccelli e nei mammiferi”.

“Con nostra grande sorpresa – afferma Cristiano Bertolucci, ricercatore in Zoologia di Unife – gli esperimenti svolti sul nostro pesce cieco hanno effettivamente dimostrato che è capace di discriminare tra gruppi di due e gruppi di quattro oggetti, anche se i due gruppi di oggetti presentati hanno la stessa area, lo stesso volume e la stessa densità. Questa rappresenta la prima evidenza sperimentale di una discriminazione numerica non visiva in una specie di pesci, soprattutto considerando il fatto che sono stati privati della luce del sole da almeno due milioni di anni”.

“E’ probabile – prosegue Augusto Foà, Professore ordinario della Sezione di Biologia ed Evoluzione di Unife – che questi pesci abbiano compensato la cecità con un aumento della sensibilità percettiva della loro linea laterale, che quindi può aver permesso loro di effettuare la discriminazione numerica da noi scoperta. Questo risultato dimostra l’importanza di apprendere e di discriminare le quantità anche nei pesci ipogei che vivono in condizioni di buio assoluto, che possono utilizzare la capacità di contare per sapere dove c’è più o meno cibo e di conseguenza effettuare le decisioni comportamentali più opportune alla loro sopravvivenza”.

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